Il paradigma sociale degli esseri umani sembra determinato a mantenere un gusto pepato. Sul pianeta Terra, quali che siano le proprie inclinazioni, gli stili di vita o l’educazione, non si trova ancora un dolce pendio dove possa scivolare la nostra esistenza: all’orizzonte sempre la stessa, eterna, salita.
È giunto, almeno, un pensiero salvifico, che ha nel sangue qualche ascendenza cristiana: essere gli ultimi, camminare sulla via stretta e insidiosa, riconoscere che si è anche l’altro e l’altro è anche sé, sono passi compiuti forse nell’insicurezza, ma che sono il cammino che porta alla Verità. Il sospiro di Qohélet è fedele a se stesso: Nulla di nuovo sotto il sole. Ma giunge anche, sinuoso e sinistro, un non nuovo che si impone al nostro tempo: il femminismo violento.
il corpo della gente comune, della gente per bene, della gente che desidera in buona fede un mondo migliore per tutti è più grande della somma degli estremi: Not all men, not all women, not all whites, not all blacks.
A passi rapidi e incerti si muove anche un sussurro di corridoio, un guardingo vociferare che arriva alle orecchie oblunghe di casuali ascoltatrici: ‘a Roma una casa editrice non pubblica libri scritti da uomini!’; ed ancora: ‘a Londra una parlamentare chiede un coprifuoco soltanto per i maschi!’; e peggio ‘agli uomini non è più concessa la libertà di parola!’.
Un oscuro passeggero avanza nella notte che cala su questa nostra Terra, e nel ribollire magmatico di quest’infinita conversazione – con uomini di Marte e donne di Venere – il suo respiro fa rabbrividire. Alcuni che appartengono, per casualità di nascita, al genere maschile – anche non Cis, anche non Wasp – ammettono un certo disagio e spavento di fronte alle possibili conseguenze future di quanto oggi accade, e guardano con sospetto il grande cambiamento che si profila all’orizzonte. In poche parole questa la paura: le giuste e sacrosante rivendicazioni femminili, trasformate in idee-coltelli dal femminismo violento, potranno diventare vere armi di guerra se cadranno nelle mani delle masse non-pensanti, di chi aderisce per moda e ragiona per mal di pancia ideologici.
Nella stessa notte altre parole si diffondono: la violenza subita per millenni dal genere femminile viene ora resa al mittente, in un movimento reattivo che trova la sua forza non tanto nella sua stessa affermazione quanto nella sconfitta totale del nemico – oggi ancora l’uomo (bianco) eterosessuale.
Dalle linee del fronte, dagli ambienti intellettuali femministi, arrivano invece veline che danno tutt’altra lettura di quanto accade. Questo un esempio: se una parlamentare, di fronte all’ennesimo ingiustificabile atto di violenza perpetrato nei confronti delle donne, propone come extrema ratio un coprifuoco maschile alle 18.00, la domanda da porsi è questa: non stiamo sottovalutando la situazione? Perché è frustrante fino a questo punto per le donne non poter godere della libertà minima che dovrebbe essere garantita ad ogni cittadino. Perché è sconcertante e inaccettabile non essere libere di poter camminare per le strade della propria città senza essere importunate o, purtroppo, molto peggio di questo.
Eppure, anche quando sembrano aprirsi i cieli e scuotersi la terra, tutto questo è fumo di fumi, e noi tutti ci stiamo ingannando!
Chi scrive crede che sia il tempo di affrontare il delicato tema – con intelligenza e senza retorica militaresca – evitando di aprire troppe finestre, ma guardando attentamente da quelle aperte. Bisogna comprendere che le masse hanno in sé tutto l’andamento della campana di Gauss: vi è il corpo della maggioranza e vi sono le code degli opposti estremismi. Ma, per la sua stessa natura, il corpo della gente comune, della gente per bene, della gente che desidera in buona fede un mondo migliore per tutti è più grande della somma degli estremi: Not all men, not all women, not all whites, not all blacks.
Noi non apparteniamo uniformemente a delle categorie preconcette – non me ne vogliano gli amanti della categorizzazione – e seppur l’impulso generale è quello di trovare nella moltitudine uniforme un nido comodo per la propria sopravvivenza, dietro l’angolo è sempre in agguato il pericolo della recessione alla media. Troppo spesso nei grandi gruppi avviene l’incoronazione per acclamazione dell’idiozia. La cieca e vuota adesione dogmatica ha sempre un aspetto sinistro, anche se motivata dalle più nobili intenzioni. Per questo chiedo – oramai esausta – di affrontare ancora queste tematiche in un nuovo contesto (2.0) perché l’unico vero discrimine tra gli umani è interiore, e si rivolge a due sole scelte esistenziali: indiarsi oppure imbestialirsi.
I tempi ormai sono maturi: interessiamoci ai colori, ma solo per dipingere; disinteressiamoci della minzione, che si possa fare in piedi o si debba fare sedute; non curiamoci se la sera qualcuno preferisca un letto già conosciuto ed amato ad un letto nuovo ed occasionale, e soprattutto di quali apparati biologici s’incontrino quando il lenzuolo si gonfia sul cavo dell’onda, e la lotta si fa scivolosa e profonda.
Vi chiederete: e tutto il resto? Tutto il resto è altrove, ed io non mi occupo dell’altrove.