Il tema dell’immortalità comparve, probabilmente per la prima volta, già migliaia di anni fa nella saga di Gilgamesh, e si ritrova poi nella tradizione egizia, greca e latina. Attraversa tutto il Medio Evo e arriva fino ai giorni nostri, con il primo libro di Harry Potter incentrato attorno alla pietra filosofale, e alla possibilità di produrre con essa un elisir in grado di garantire la vita eterna.
Che dipendesse da una pietra, da una bevanda o da una pianta magica, l’immortalità è comunque sempre rimasta relegata al mondo della mitologia e della narrativa.
E lì rimase fino al 1992, quando fu scoperto il primo caso di inversione del ciclo vitale nella medusa Turritopsis nutricula McCrady (1859). La notizia, successivamente confermata e approfondita da altri ricercatori, detta così potrebbe non sembrare particolarmente rilevante. Per comprenderla meglio, e capire come questa medusa possa essere considerata immortale, dobbiamo innanzitutto brevemente descrivere il ciclo vitale di questo organismo.
La medusa T. nutricula è il primo organismo animale che, potenzialmente, è in grado di evitare la morte e vivere in eterno.
Le meduse appartengono al phylum Cnidaria (spesso chiamati anche Celenterati). T. nutricula appartiene ad un sotto-gruppo degli Cnidari chiamato Idrozoi, caratterizzati da meduse di piccole dimensioni, diverse da quelle che normalmente possiamo osservare quando facciamo il bagno al mare (quelle appartengono ad un altro sotto-gruppo, quello degli Scifozoi). La medusa è però solo un lato della medaglia. I Celenterati sono infatti caratterizzati (nella maggior parte dei casi) da un ciclo vitale digenetico, in cui si possono cioè distinguere due generazioni distinte: quella della medusa e quella del polipo (da non confondere con il polpo, il mollusco con otto braccia tentacolari munite di ventose).
Il ciclo vitale inizia con un uovo fecondato da cui schiude una larva chiamata planula. Questa, dopo una breve fase pelagica a vita libera, si insedia sul fondale e origina un polipo. Il polipo si riproduce per via asessuata (un po’ come una pianta che genera nuovi individui tramite stoloni) generando altri polipi che possono restare connessi tra loro, andando a formare una colonia. Ad un certo punto il polipo, invece di dare vita a nuovi polipi, può generare delle meduse. Queste, una volta raggiunta la maturità, si riprodurranno sessualmente, liberando in acqua uova e spermatozoi, chiudendo così il ciclo.
Ma in cosa si differenziano il polipo e la medusa? Una medusa è, essenzialmente, un ‘polipo capovolto’ che, invece di starsene attaccato al fondale, galleggia libera in colonna d’acqua, trasportata dalle correnti. Entrambi hanno un corpo più o meno sacciforme, con un’unica apertura che funge sia da bocca che da ano, circondata da una corona di ben noti (purtroppo) tentacoli urticanti. Ci sono ovviamente altre differenze, più sottili, tra polipo e medusa, legate sia alla morfologia del corpo che alla tipologia di cellule, soprattutto per quanto riguarda quelle presenti sulla superficie esterna del corpo.
Le meduse in genere non sono longeve, e dopo la riproduzione vanno velocemente incontro alla degenerazione dei tessuti e alla morte. Nemmeno T. nutricula fa eccezione, ma la particolarità di questa specie sta nella capacità, una volta raggiunta la maturità sessuale, di invertire il normale ciclo biologico e tornare indietro allo stadio di polipo. Anche le meduse di altre specie (ad esempio quelle del genere Cladonema) possono ritornare allo stadio di polipo, ma solo prima di raggiungere la maturità sessuale. Nel caso di T. nutricula si può parlare di una vera e propria metamorfosi al contrario: come se una farfalla, una volta uscita dal bozzolo, potesse rientrarci e trasformarsi nuovamente in bruco.
La trasformazione da polipo a medusa avviene attraverso la sostituzione di alcune tipologie di cellule, la ri-generazione dei tessuti e la ri-organizzazione del piano corporeo. I meccanismi mediante i quali ciò avvenga non sono ancora stati compresi pienamente. Semplificando la questione, si può dire che ciò avvenga grazie alla trasformazione delle cellule già differenziate presenti nei tessuti della medusa in altre tipologie cellulari (quelle presenti normalmente nel polipo).
Durante il passaggio da medusa a polipo, la degenerazione dei tessuti e la trasformazione delle cellule determinerebbero un’organizzazione corporea della medusa simile a quella della planula (la larva appena uscita dall’uovo, che poi si trasforma in polipo). Ma ipotizzando che la medusa non coltivi, come Gilgamesh o Lord Voldemort, un desiderio di immortalità, resta da capire cosa la spinga a compiere questa trasformazione. L’inversione del ciclo biologico potrebbe essere una risposta a stress ambientali (come ad esempio cambiamenti nei parametri chimico-fisici dell’acqua, o la mancanza di cibo), che spingerebbero la medusa a ritornare allo stadio di polipo per aspettare condizioni migliori, favorevoli alla riproduzione. Si può quindi affermare che T. nutricula sia il primo organismo animale che, potenzialmente, è in grado di evitare la morte e vivere in eterno.
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