Il conforto del gregge

Le dinamiche di gruppo alla base di Incels

Marta Bernardi
Attualità

Egli può continuare a sprofondarvi sempre di più, sempre più a fondo, continuando a scendere una spirale d’odio che potrà sfociare in un’unica cosa: una supremazia maschile violenta.

Tutti hanno sentito almeno una volta – come ascoltatori passivi o diretti interessati – la frase “ma se i tuoi amici si buttano da un ponte cosa fai, ti butti anche tu?!”. È il classico finale di una conversazione piuttosto accaldata, seguita a una più o meno grave marachella fatta in compagnia, in cui i poveri colpevoli, nel caparbio tentativo di salvare la pellaccia, si arrampicano sugli specchi del “ma non ero solo io, c’erano anche loro”. Si cerca di distogliere l’attenzione dal singolo per spostarla verso il gruppo, cercando di “distribuire” colpe e responsabilità. Sebbene non ci siano studi scientifici sulla validità e successo di tale strategia, si può facilmente presupporre che le relative percentuali di buona riuscita in campo familiare siano piuttosto esigue.

Tuttavia, la legge per il quale se spalleggiati da un folto gruppo ci si sente più forti, più coraggiosi e più risoluti non vale solo per le monellerie dei più giovani. È vitale, infatti, per tutta un’altra serie di azioni che difficilmente possono essere definite come tali. La forza dell’avere dalla propria parte un gran numero di sostenitori o persone che la pensano allo stesso modo sta infatti alla base di tutto quel fenomeno definito in inglese come alt-right. L’alt-right, quel movimento prevalentemente digitale di estrema destra, si fonda tanto sul numero dei suoi adepti quanto sulle proprie ideologie. Un insieme enorme di individui, divisi in una miriade di gruppi differenti che, mascherati dall’anonimità del web – e in tal modo, come afferma Francesco Merlo, liberi e svelati – sostengono e diffondono un marasma apparentemente infinito e spesso contraddittorio di ideologie al vetriolo. Ideologie che spaziano dal nazi-fascismo in tutte le sue sfumature ai fanatici delle ideologie del complotto, per arrivare agli attivisti per i diritti degli uomini, sfera dell’alt-right che gravita intorno a concezioni piuttosto discutibili sul rapporto tra uomini e donne.

Fanno parte di questo ultimo gruppo i cosiddetti ‘Incels’. Il loro nome è derivato dalla fusione dell’espressione inglese involuntary celibate, ovvero celibato involontario. Nomen omen, gli Incels infatti sono un gruppo di uomini – principalmente giovani – che si riconoscono l’un l’altro grazie alla comune “sfortuna” in campo amoroso. La loro inabilità di trovare una partner, sia dal punto di vista romantico che sessuale, si trasforma in collante e connette partecipanti da ogni parte del globo, indipendentemente dalla loro religione o etnia (contrariamente a ciò che spesso accade all’interno dei gruppi dell’alt-right, che sono solitamente a maggioranza bianca).

La frustrazione che deriva da questo “deficit” non viene indirizzata verso sé stessi ma, tramite un meccanismo di salvaguardia di sé, verso coloro che gli Incels ritengono essere i veri colpevoli di questa situazione: le donne, in primis, ma anche gli uomini che hanno una vita amorosa e sessuale soddisfacente. Parrebbe che l’unico modo per sopravvivere alla loro situazione sia dirigere quest’odio verso l’esterno, identificando nelle donne e negli uomini sessualmente attivi l’opposizione, il nemico.

Questo movimento utilizza un linguaggio specifico per rendersi accattivante – ritrovato spesso in altri segmenti del mondo alt-right – ripreso direttamente dal famoso film Matrix. Si fa infatti riferimento a delle pillole: blu, rossa e nera. Nel film, la pillola blu rappresenta la soluzione facile, il vivere appagati in un mondo falso, mentre la rossa offre la possibilità di una presa di coscienza su com’è veramente il mondo, insieme alla responsabilità e al potere di combattere l’ordine corrotto delle cose. Questo concetto di aprire gli occhi su com’è il mondo realmente ritorna costantemente all’interno dell’Inceldom, ovvero il regno degli Incels. La battuta d’entrata è che nel momento in cui si realizza la malvagità del nemico – donne in generale e uomini romanticamente e sessualmente di successo – è necessario opporsi ad esso e combatterlo. Ecco il momento in cui entra in gioco la pillola nera, descritta dall’esperto Christian Mogensen come

[…] fatalismo, nichilismo, il realizzare che indipendentemente da ciò che farai, niente avrà importanza. Potresti anche solo ucciderti. E, beh, se stai per ucciderti, tanto vale che tu uccida anche qualcuno degli altri, tipo le donne o gli uomini sessualmente attivi.

Chiaramente, questo tipo di ragionamenti sono profondamente disturbanti. Tuttavia, non sono affatto innovativi. Infatti, nell’identificare un nemico esterno al loro gruppo, con una retorica del ‘noi contro di loro’, gli Incels assumono un linguaggio, tattiche e ideologie tipicamente caratteristiche dei gruppi estremisti. E come accade nei gruppi estremisti, la violenza emerge non tramite sforzi di gruppo, ma piuttosto dall’azione di singoli, i cosiddetti ‘lone wolves’. Come sottolineato dal Radicalisation Awareness Network, dal 2014 si sono contati nel mondo sei episodi violenti, risultati in un totale di 44 vittime, nei quali si è rintracciata l’ideologia di Incels. Forse non saranno numeri particolarmente alti, ma nondimeno preoccupano. Preoccupano soprattutto perché nel caso dell’Inceldom si può notare una parziale sovrapposizione tra la loro narrativa e quelle dell’estrema destra suprematista e nazi-fascista – con la quale molti degli stessi Incels si autoidentificano. Tale sovrapposizione evidenzia un terreno fertile per il reclutamento da parte di gruppi terroristici. Nel momento in cui vi è un insieme di persone profondamente frustrate e arrabbiate, con problemi di dissociazione dovuti principalmente al loro isolamento, è tremendamente facile per i recruiters fornire uno sfogo, un obiettivo, un senso di appartenenza, ed ottenere così nuovi adepti.

A gravare sul sopracitato senso di preoccupazione è anche il fatto che da questo genere di gruppi non si esce, almeno non di certo da soli. La struttura di tali di fenomeni rende impossibile ai singoli di prendere le distanze dal movimento. L’individuo non ha potere proprio perché esso stesso si sente rassicurato dalla presenza del gruppo, dalla quale diventa succube e dipendente, per quanto si renda conto egli stesso della sua tossicità. Egli può continuare a sprofondarvi sempre di più, sempre più a fondo, continuando a scendere una spirale d’odio che potrà sfociare in un’unica cosa: una supremazia maschile violenta.

È per tale motivo che non si può pensare che una questione come quella dei gruppi Incels possa risolversi da sola; essa necessita infatti un intervento esterno per poter essere gestita appieno. Tale intervento esterno non sarebbe unicamente mirato a salvaguardare i target – ovvero i soggetti messi in pericolo dal movimento – ma dovrebbe al contempo lavorare anche sul deficit democratico che il gruppo rappresenta per la società per via della sua problematica ideologia e dei suoi (contestabili) ideali. Infine, esso andrebbe ad agire sui singoli interessati che non hanno la possibilità di fuggire da questo ambiente altamente tossico che si nutre della loro rabbia, frustrazione e del loro senso di inadeguatezza. L’isolamento e l’ostracizzazione di tali individui, infatti, non risolve nulla; al contrario, invece, rende la situazione ancor più grave.

[1]RAN In Focus ‒ Incels, podcast, https://www.youtube.com/watch?v=sXIGZ7-258k

[2] Centre for Digital Youth Care, 2019. Social work in new media, Angry Young Men: A look inside extreme online communities, https://cfdp.dk/wp-content/uploads/2020/11/Angry-Young-Men-English-DIGITAL-version-cfdp-oct-2020.pdf

[3] Romano, A., 2019. How the alt-right’s sexism lures men into white supremacy. The movement’s many online communities prey on male insecurity to advance a racist political agenda, Vox.

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