Un vaso di porcellana tra le nostre mani nervose. Tra le dita e la superficie del vaso si instaura una forza di attrito che è tanto più grande quanto più stringiamo il vaso. I muscoli delle spalle e delle braccia contrastano la forza di gravità attraverso cui il centro della Terra attira a sé il vaso. Ma il vaso ci scappa di mano. La sua velocità aumenta mentre cade ad un’accelerazione costante. Urtando il terreno, la decelerazione è improvvisa, l’energia cinetica del vaso viene in parte assorbita dal suolo sotto forma di calore e in parte convertita in vibrazioni degli atomi del vaso, causandone la rottura.
Ma perché non possiamo osservare il fenomeno opposto, come in un video al contrario? Perché i cocci del vaso non possono assorbire calore dal pavimento, raffreddandolo, per poi convertire quel calore in movimento così da ricomporsi nel vaso originale e saltare nelle nostre mani?
Stando alle leggi della cinematica e della dinamica, che descrivono il movimento degli oggetti e le loro cause, non esiste una vera ragione per cui tale fenomeno non possa verificarsi. Ogni legge che descrive il moto di un corpo è invertibile temporalmente senza comprometterne la validità. Ma allora perché esistono fenomeni, come la rottura del vaso, che non accadono al contrario? Da dove deriva la rottura di simmetria temporale, che sembra indicarci l’esistenza di un’unica direzione dello scorrere del tempo?
La risposta sta nel secondo principio della termodinamica, che stabilisce l’aumento costante dell’entropia nell’universo. Se in qualsiasi processo fisico l’energia è una costante, l’entropia è al contrario sempre in crescita. In termini matematici ciò significa:
ΔS≥0
Il secondo principio della termodinamica, tuttavia, non è una legge infallibile. Esso è valido in termini probabilistici, pratici, visibili, fattuali, è pressoché impossibile violarlo, ma il nostro universo distingue davvero tra impossibile e infinitamente improbabile?
Ma che cos’è l’entropia? Intuitivamente essa definisce il grado di disordine di un sistema. Più il disordine è alto, più lo è l’entropia. Il secondo principio della termodinamica ci dice, allora, che nell’universo ogni trasformazione tende a far aumentare il disordine. Se chiamiamo Sᶤ l’entropia iniziale di un sistema e Sᶠ la sua entropia finale dopo che esso ha subito una certa trasformazione, abbiamo Sᶠ–Sᶤ =ΔS≥0. I fenomeni per cui ΔS è esattamente uguale a zero sono quelli reversibili, per cui non ci sorprenderemmo di vederli anche al contrario (per esempio una palla di gomma che rimbalza per terra e torna nella nostra mano). Per tutti gli altri ΔS è maggiore di zero e avvengono in un’unica direzione temporale.
Ma perché l’universo “preferisce” il disordine all’ordine? La risposta sta nella matematica, nei numeri, nella probabilità. Un sistema ordinato ha meno configurazioni possibili rispetto a uno disordinato, e dunque il disordine tenderà sempre a instaurarsi.
Un esempio del fisico Brian Greene spiega chiaramente questo concetto. Supponiamo di avere 100 monete su un tavolo, tutte girate dal lato “testa”. Battiamo i pugni sul tavolo in modo che le monete inizino a scuotersi, saltare ed eventualmente voltarsi mostrando “croce”.
Quante possibili configurazioni del sistema esistono che mostrino 100 teste? Solo 1, quella in cui tutte le monete sono girate dallo stesso lato. Quante configurazioni esistono con 99 teste e 1 croce? Ne esistono 100 diverse. Con 98 teste e 2 croci? 4950 diverse configurazioni. E 50 teste e 50 croci? 100891344545564193334812497256 diverse configurazioni.
Allora è chiaro che, anche partendo con tutte le monete ordinate dal lato “testa”, al nostro battere di pugni c’è un’altissima probabilità che il sistema evolva verso il disordine, ovvero verso uno stato in cui si ha un numero uguale di teste e croci. In linea di principio non esiste una vera e propria impossibilità che le cento monete ritornino tutte a mostrare “testa”, diminuendo l’entropia del sistema, ma è incredibilmente improbabile.
I fenomeni della natura, per altro, sono assai più complessi rispetto all’esempio delle monete, e coinvolgono un numero di particelle mostruosamente più alto di cento, rendendo la possibilità di diminuzione dell’entropia ancora più improbabile.
Il secondo principio della termodinamica, come abbiamo visto, tuttavia, non è una legge infallibile. Non è, come per la conservazione dell’energia, un principio inviolabile in senso stretto. Esso è valido in termini probabilistici, pratici, visibili, fattuali, è pressoché impossibile violarlo, ma il nostro universo distingue davvero tra impossibile e infinitamente improbabile? È immaginabile pensare che, da qualche parte nell’universo, un lancio di cento monete dia cento “teste”?
È Jorge Luis Borges a chiederselo, grazie alla sua formidabile intuizione matematica. Nel suo racconto “La biblioteca di Babele” lo scrittore argentino immagina un universo-biblioteca, in cui esistono tutti i possibili libri di 410 pagine (ciascuna di 40 righe di 40 lettere) scritti attraverso le permutazioni di 25 caratteri (22 lettere alfabetiche, il punto, la virgola e lo spazio). Da qualche parte, quindi, nell’universo di Borges esiste un libro che contiene le sole lettere “aaaaaa…”, altri in cui ci siano solo lettere “a” tranne una lettera “b” (“baaaa…”, “abaaa…”, “aabaa…”, etc.), e avanti così con tutte le possibili combinazioni di caratteri esistenti. In questa biblioteca labirintica gli uomini sono affaccendati a cercare una traccia di ordine nel caos che li sommerge: libri nei quali esistano frasi di senso compiuto. Tali libri esistono, la matematica impone la loro esistenza, ma finora pochissime frasi sono state trovate. Eppure da qualche parte, tra gli scaffali pieni di libri, non può non esistere un libro che parli compiutamente di qualsiasi argomento ci venga in mente: “le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo falso, l’evangelo gnostico di Basilide, il commento di questo evangelo, il commento del commento di questo evangelo”. Compresi libri che parlino di noi, della nostra vita. E anche libri che raccontino ogni possibile variante di qualsiasi argomento. Da qualche parte allora esiste anche un libro “totale” che contenga una verità suprema, assoluta. Ma si può davvero dire che il libro esista, se nessuno sarà mai in grado di trovarlo, sepolto in un caotico universo di lettere casuali?
Ugualmente, nell’infinita complessità del nostro universo, il principio dell’aumento dell’entropia potrebbe fallire. Le probabilità che ciò accada sono infinitesime, ma non nulle. Borges si augura che qualcuno possa leggere il libro totale. Io auguro a qualcuno che il suo vaso rotto gli risalti intero tra le mani.