Petricore

Il nostos dei cuori

Nausica Manzi
Filosofia

Il petricore è il profumo di un’interiorità che fuoriesce quando l’intera esistenza sembra abbandonarsi alla danza della nostalgia tra sferzanti ma delicate lacrime di gioia o dolore.

Gocce di pioggia accarezzavano il vetro appannato dell’esistenza. Era una serata autunnale che riportava alla memoria ricordi lontani e cullava speranze future. Sembrava di viaggiare dentro quella pioggia che conteneva nostalgia e coraggio in forma d’acqua che si muoveva prima delicata poi sferzante e che, nel mentre, profumava ed inebriava le anime. Il suo profumo donava riposo alle ossa, carezze alla frenesia dei muscoli e tranquillità ad occhi stanchi e bisognosi di rischiaramento e nuova luce. Quel profumo di pioggia faceva riemergere quella essenza che consola e fa tornare a se stessi, riconsegnando ognuno alla vera vita.

Durante un temporale, il profumo della pioggia che tocca il terreno dopo un periodo di siccità è chiamato scientificamente ‘petricore’, termine che unisce due parole greche ‘petra’ ovvero pietra e ‘ichor’, linfa o icore. Coniato dai ricercatori Isabel Bear e Richard Thomas nel 1964 in un articolo per la rivista Nature, a livello chimico, tale parola indica un profumo derivante da un particolare olio che viene rilasciato dalle piante durante periodi di siccità e che, assorbito dal terreno durante la pioggia, si diffonde nell’aria. Il petricore è il profumo di un’interiorità che fuoriesce quando l’intera esistenza sembra abbandonarsi alla danza della nostalgia tra sferzanti ma delicate lacrime di gioia o dolore.

Partendo dalla sua etimologia, quindi, potremo dire che esso è più di un semplice odore o di un dato scientifico: il petricore è il mezzo che testimonia la presenza di un mondo interiore, di un connubio di ossa salde e sangue vitale che, venendo alla superficie e lasciando il suo profumo, diviene il timone che orienta e riconduce i cuori a casa. Il petricore è il nostos dei cuori.

Nostos significa in greco ‘viaggio di ritorno a casa’, parola dalla quale deriva infatti anche ‘nostalgia’, sentimento inteso il più delle volte negativamente ma che, invece, è cifra di un orizzonte ulteriore con cui rileggere l’esistenza di un intero mondo che, ogni giorno e sempre in misura maggiore, si muove senza una bussola, senza una meta, perso nel mare dell’incertezza, alla ricerca di un’àncora per non affondare, di una stabilità per edificare salde fondamenta per una nuova umanità. Anticamente, il nostos, il viaggio di ritorno a casa di un eroe, era connesso sia alla gloria dovuta alla riuscita della sua missione o alla vittoria in una battaglia sia all’identità, ovvero alla costruzione e ricostruzione del mondo interiore di un uomo che, nell’esperienza del naufragio tra le onde della nostalgia, ritrovava le radici della sua esistenza.

Il momento drammatico e doloroso del naufragio, infatti, è strettamente connesso al petricore, a questo profumo che è in grado di rimettere in ordine le assi del ‘cuore-nave’ di ogni eroe della vita quotidiana e, tra forza e fragilità, di ricondurlo quindi a casa anche durante gli impetuosi vortici di una tempesta che fagocitano i respiri della salvezza. Che sia sottoforma di una pioggia di lacrime sferzanti su di un volto delicato o di un nubifragio di dolore sulla serenità dell’animo, è solo per mezzo dell’esperienza del naufragio, ovvero di quel momento negativo che mette in pericolo, disorienta e distrugge la ‘nave-cuore’, che si genera la linfa che emana il petricore, il profumo nostos dei cuori.

Come l’etimologia del termine suggerisce, generandosi dall’impatto tra le ‘navi-cuore’ e gli scogli dell’esistenza durante il proprio ‘nostos’ nella tempesta di una umanità in crisi, tale linfa profumata, icore, è indice di una potenza interiore che fuoriesce come sangue da una ferita. Mitologicamente, l’icore era infatti proprio il nome che veniva attribuito al sangue delle divinità, sostanza così pura da risultare letale per ogni mortale:un liquido vitale che generava un profumo che scuoteva le anime degli uomini fino addirittura ad ucciderle.

Il petricore quindi, nostos dei cuori, è il sangue letale che, generandosi da una ferita causata dai mille naufragi dell’esistenza e diffondendosi nell’aria, ricorda ad ogni essere umano la sua identità, il bagaglio che ha nel suo animo e che è la cosa più importante da riportare sana e salva a casa, sulla terra ferma per riedificarlo e dargli nuova forma. Tale inebriante nostos dei cuori che ferisce e fa naufragare, confondendo fino ad uccidere, ricorda all’umanità di ripartire dalla nostalgia, da quel ‘dolore del ritorno’, da quel profumo di vita di un sangue che testimonia la speranza e la salvezza dell’immortalità nel naufragio devastante durante la tempesta di una umanità contemporanea in piena siccità. Cosa significa questo? Guidata e generata dal petricore, la nostalgia diviene timone di consapevolezza e rinascita: l’icore immortale che si genera nell’impatto distruttivo con gli scogli di un’esistenza divorata dalla siccità umana rende ogni uomo certo della sua interiorità e quindi della possibilità di rendersi un ‘eroe’, un immortale combattente artefice del nuovo profumo di una intera umanità. Parafrasando Karl Jaspers, solo in un continuo naufragio di certezze, sguardi e voci, si può ritrovare la strada per tornare a casa e scoprire che ogni essere umano è composto di ‘ulteriorità’, che è la vera dimora, una nave interiore fragile che, nella battaglia del vivere, genera il profumo inebriante di un’umanità ferita ma rilucente. Il petricore diviene la nostalgia che indica ad un fragile cuore mortale la vera strada per tornare a casa, ovvero per ricostruire se stesso e per rendersi ogni giorno immortale vivendo secondo la legge d’amore racchiusa nella sua anima. La sua anima è dunque quella nave che, solo nell’esperienza dell’impatto e del naufragio, si riappropria della legge d’amore del vivere e si scopre petricore, linfa profumata che, come nostos dei cuori, ogni giorno, può rinascere, ricostruirsi e dare nuova forma all’intero mondo.

   Gli uomini possono chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non possono sottrarsi al profumo.  Poiché il profumo è fratello del respiro. Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio. Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini [1] .

Il petricore, nostos dei cuori, è il profumo letale di un sangue vitale che uccide solo per ricordare a tutti la potenzialità della fragilità dell’essere mortali, laddove è racchiusa la forza del rendersi, ogni giorno ed in ogni istante, immortali come un eroe che, solo naufragando, ritrova la strada per tornare alla patria del suo cuore.

[1] Patrick Suskind, Il profumo,trad. it di Agabio G.., Tea 2014, p. 15k.

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