Agli occhi della maggioranza dell’opinione pubblica, il variegato mix etnico che si è venuto a creare all’interno della società e il parallelo aumento di alcune fattispecie di violenze vengono letti come consequenziali l’uno all’altro. In altre parole, l’incremento di alcuni tipi di violenze avrebbe un’origine culturale.
La grave situazione umanitaria che ha colpito l’Afghanistan in queste ultime settimane non ha ripercussioni solo all’interno del Paese, bensì anche in tutti quei Paesi meta di migrazioni per quella parte di popolazione appartenente ad etnie e confessioni religiose perseguitate dai Talebani.
Tra il 2020 e i primi mesi del 2021 sono approdati in Europa, principalmente dalla Turchia attraverso la Grecia o la rotta balcanica, oltre 54mila afghani. I richiedenti asilo si dirigono principalmente in Germania, dove ci sono da tempo stabili comunità, poi in Francia, Belgio, Austria e Paesi scandinavi.
A proposito di questi ultimi una situazione particolarmente degna di attenzione è quella svedese. Negli ultimi tempi infatti nessun Paese europeo ha accolto in proporzione alla sua popolazione più migranti e richiedenti asilo della Svezia: 600mila persone in 5 anni, un numero considerevole se commisurato ai suoi 10 milioni di abitanti.
Agli occhi della maggioranza dell’opinione pubblica, il variegato mix etnico che si è venuto a creare all’interno della società e il parallelo aumento di alcune fattispecie di violenze vengono letti come consequenziali l’uno all’altro. In altre parole, l’incremento di alcuni tipi di violenze avrebbe un’origine culturale.
Secondo i dati del Consiglio nazionale per la prevenzione del crimine, nel 2017 ci sono state 73 aggressioni sessuali ogni 100 mila abitanti, il 24% in più rispetto agli anni precedenti. Nonostante un’inchiesta della tv svedese Svt abbia riportato come il 58% dei condannati per crimini sessuali sia nato fuori dai confini dell’Unione europea, la giornalista svedese Paulina Neuding è stata accusata di xenofobia per aver collegato l’aumento di tali crimini alla migrazione di massa. Emblematiche a tal proposito le parole di Angry Foreigner, blogger amatissimo in Svezia: «Qui c’è il pregiudizio che ogni svedese sia un oppressore e ogni immigrato sia un oppresso. Quando si scatenano le discussioni sull’immigrazione, non ha mai importanza chi ha ragione e chi ha torto. Il solo interrogarsi sui problemi dell’accoglienza è considerato razzismo».
È vero tutto ciò? L’ipocrisia e il perbenismo ci impediscono di leggere e dare un’interpretazione dei fatti coerente con la realtà?
I dati ci raccontano che nel 2017 si sono verificate in Svezia 320 sparatorie e innumerevoli assalti con granate, 110 omicidi e 7.226 stupri, un aumento del 10% rispetto al 2016. Come riporta il Times, il 36% delle donne svedesi ammette di non sentirsi al sicuro di notte. Quelle che una volta erano considerate le donne più emancipate d’Europa, oggi hanno paura di uscire sole dopo il tramonto o in zone a rischio. Ed effettivamente non dovrebbe stupire che l’ingresso in un Paese liberale, sotto molteplici punti di vista, di migliaia di giovani uomini provenienti da culture misogine e sessuofobe possa condurre anche a questo.
A riprova di ciò, nel Paese si è registrato negli ultimi anni un aumento nelle vendite di bombolette con spray lacrimogeni per difesa personale. A detta di Henrik Frisk, dirigente di Plegium, azienda che produce spray lacrimogeni e che ha 150 punti vendita fisici in tutta la Svezia, circa l’80% degli utilizzatori sarebbero donne. Mentre la polizia chiede alle donne di evitare parchi e vie isolate, e le autorità locali suggeriscono di non avventurarsi da sole in città all’imbrunire, non c’è da stupirsi che sia aumentata la vendita di dispositivi di difesa personale. Ma non manca chi nega che il fenomeno migratorio abbia condotto ad un aumento della violenza di genere e invita a contestualizzare i numeri imputando le accuse ai movimenti razzisti e xenofobi europei.
Secondo i sostenitori di questa tesi l’altissimo numero di crimini sessuali sarebbe dovuto a vari fattori, tra cui la severità e la conformazione stessa delle leggi svedesi, oltre alla maggior consapevolezza che le donne svedesi hanno circa i propri diritti, che le porterebbe appunto a denunciare con più facilità molestie e aggressioni. In secondo luogo, non sarebbe possibile collegare i crimini all’etnia dei responsabili in quanto la Svezia non pubblica l’etnia o la nazionalità degli autori dei reati, nemmeno per i reati sessuali.
Nonostante la presenza di tesi contrastanti, bisogna prendere atto che la questione non è totalmente immaginaria, al punto che l’aumento della violenza nei confronti delle donne è stato anche oggetto di un’interrogazione del Parlamento europeo nel marzo del 2013.
Se è vero tuttavia che in medio stat virtus, c’è di positivo che il governo svedese ha annunciato una profonda svolta nel quadro delle politiche migratorie introducendo un ‘corso sui valori occidentali’.
I migranti arrivati nel Paese verranno infatti sottoposti a un corso di apprendimento delle regole sociali e culturali occidentali. Tale iniziativa serve a raggiungere l’obiettivo di scongiurare lo sviluppo di sempre nuovi ghetti multiculturali, che sono purtroppo già nati in molte città svedesi ‒ tra cui Stoccolma ‒ nonché di frenare l’alto tasso di violenze e di aggressioni ad opera di stranieri registrate in questi anni ai danni di ragazze svedesi. Tutti i migranti, rifugiati e richiedenti asilo giunti in Svezia dovranno apprendere i principi base della cultura e della società occidentali, tra i quali soprattutto la parità tra uomo e donna, il divieto della poligamia, delle mutilazioni genitali femminili, delle violenze in famiglia, del matrimonio combinato delle bambine e dei comportamenti generalmente legati alla difesa dell’onore. In tale contesto saranno inoltre fornite informazioni sulla procedura di asilo, sulla legislazione vigente e sulle regole della democrazia. Coloro che desiderano risiedere in Svezia verranno così messi a conoscenza dei diritti riconosciuti loro dall’ordinamento giuridico del Paese ospitante, ma anche degli obblighi che dovranno rispettare per potere vivere in una nazione europea.
La speranza è che l’introduzione di tale percorso coadiuvi soprattutto l’integrazione culturale degli immigrati di fede musulmana, che sono generalmente considerati come coloro che stentano a recepire alcuni valori occidentali di rilevanza fondamentale, tra cui il concetto di parità tra uomo e donna.