E del resto, se è possibile falsare una borsa, è senz’altro possibile imitare una forma di Parmigiano Reggiano, no?
Made in Italy è oggi sinonimo di eleganza, qualità e ricercatezza. Una sorta di inno al ben fatto, all’artigianalità storica, alla grande bellezza. Niente di tutto ciò è una sorpresa, né tantomeno una fantasiosa invenzione. I prodotti italiani vengono considerati tra i migliori al mondo, sempre più desiderati ed apprezzati, anche grazie al lavoro di tutela e promozione che viene fatto dalle aziende, dai consorzi e dalle associazioni in patria. Tutti ne parlano, tutti li vogliono. Qui, entra in gioco un fattore chiave: per acquistare prodotti italiani la gente è disposta a pagare profumatamente, con tanto, tanto denaro sonante. Questo, chiaramente, apre un ampio, lucrativo mercato: quello dei falsi e delle imitazioni. Ma è troppo facile dissertare di scarpe, borse e abiti contraffatti. Parliamo di qualcos’altro, parliamo di cibo.
La cucina italiana e i suoi prodotti sono apprezzati almeno tanto quanto un buon portafoglio di pelle, forse anche di più. L’italiano medio ama il cibo: ama mangiarlo, guardarlo, parlarne, e lo stesso vale per il resto del mondo. Quindi, ci si ricollega a quanto detto poche righe fa: mi piace, lo voglio, lo compro. E del resto, se è possibile falsare una borsa, è senz’altro possibile imitare una forma di Parmigiano Reggiano, no?
Il mercato dei falsi e delle imitazioni nel campo dei prodotti alimentari italiani è florido e in crescita. Qui è il caso di fare una piccola precisazione: il mercato di prodotti falsi e il mercato di quei prodotti che vengono ricondotti alla definizione “italian sounding” sono due cose ben distinte. Il primo fenomeno è illegale, dunque penalmente perseguibile e regolato da leggi tanto nazionali quanto internazionali. Il secondo, invece, sebbene eticamente scorretto, è totalmente legale. Ora, l’espressione italian sounding, riferita a prodotti alimentari, va ad indicare tutta quella gamma di articoli che, grazie al loro nome o a delle immagini riprodotte sulla loro confezione, richiamano all’italianità di un bene, nonostante questo non abbia mai avuto nulla a che fare con il Bel Paese. È una pratica estremamente comune, almeno quanto quella dei falsi, tanto che mediamente, negli scaffali mondiali quattro prodotti su dieci sono italian sounding. Si può certamente provare a contrastare e combattere la prima; la seconda, invece, non si può eliminare in una battaglia a campo aperto.
I falsi, infatti, in quanto illegali, si possono sfidare a singolar tenzone tramite fior di cause legali, sebbene queste possano avere risultati quantomai disparati. Esempio eclatante di come questi processi possano essere fonte di incredibili affossamenti – non senza qualche risvolto tragicomico – è la questione del Prosciutto di Parma prodotto in Cina. Ebbene, qualche anno fa, nella provincia di Guanzu, Cina, veniva prodotto del prosciutto, venduto in confezioni sottovuoto con la dicitura “Prosciutto di Parma”. Chiaramente, solo il Prosciutto di Parma marchiato dal rispettivo Consorzio con la famigerata corona a cinque punte, può essere chiamato “Prosciutto di Parma”. Dunque, trovatisi di fronte ad un plateale caso di contraffazione, il personale della dogana di Dubai blocca i prodotti e denuncia il fatto. La risposta cinese è stata tanto incredibile quanto semplicemente efficace: hanno rinominato una piccola cittadina di soli (!) sette milioni di persone, Parma. Et voilà, l’illegalità va a cadere. Quando i tuoi avversari possono giocare mosse simili, forse affrontarli a testa bassa come degli arieti non è la scelta ideale.
In questi casi, così come per la lotta ai prodotti italian sounding, è necessario affilare un diverso tipo di lama, quella della riconoscibilità. Spesso, infatti, si dimentica il fatto che il consumatore medio italiano è generalmente molto più informato del consumatore medio estero. Se gli italiani sono oramai abituati e sempre più attenti ad etichette e diciture, consumatori non italiani faticano a riconoscere un prodotto veramente italiano da una sua imitazione. Ciò implica una serie di questioni, in primis il fatto che i prodotti italiani difficilmente riescono a farsi riconoscere rispetto ai concorrenti. Solamente negli ultimi anni si stanno iniziando ad intraprendere delle misure atte a rendere i prodotti italiani più riconoscibili nei mercati esteri, adattando le confezioni non solo nel rispetto delle norme di etichettatura locali, ma considerando anche la cultura d’arrivo e la concezione che questa ha dell’italianità. È il caso di De Cecco, che ha riformulato le confezioni di pasta indirizzate al mercato emiratino: sono semplicemente e totalmente tricolori. Se al consumatore italiano un pacco simile sembrerebbe una grottesca ostentazione – per non dire un pugno in un occhio – un consumatore a Dubai associa immediatamente il tricolore all’italianità e lo interpreta come una garanzia di tutto ciò che sta per un prodotto made in Italy: qualità, bontà e salute.
Ulteriori metodi per farsi riconoscere sono i marchi certificanti, rilasciati da enti ed associazioni apposite, che appunto vanno a garantire l’autenticità di un prodotto. Altre aziende invece appongono un pratico QRcode che rimanda alla pagina di caratteristiche del prodotto presente sul loro sito.
Di base, in moltissimi vedono questa competizione come fonte di perdita di guadagni per le imprese italiane. La realtà tuttavia è ben diversa. Non si parla di perdita ma di opportunità: tramite pratiche di sponsorizzazione e sensibilizzazione adeguate ed incisive si andrebbe a rendere i consumatori esteri più attenti al come scegliere i prodotti che desiderano, senza dubbi e con precisione. Infine, vi è un’ultima grande considerazione da fare: spesso i prodotti italian sounding spadroneggiano in un determinato mercato perché semplicemente non ci sono prodotti italiani a far loro concorrenza. Questo vuol dire che, di fatto, i prodotti italiani potrebbero facilmente entrare in quello specifico mercato sapendo di vendere, perché troverebbero un pubblico che già acquista prodotti che crede italiani. La ciliegina sulla torta? Potrebbero potenzialmente vendere ad un prezzo più basso dei loro concorrenti italian sounding. Spesso, infatti, questo tipo di prodotti si colloca in una fascia di prezzo intenzionalmente alta, perché considera il ragionamento del consumatore per il quale se qualcosa costa di più, è automaticamente migliore e, soprattutto, autentica.
[1] Rödl & Partner. 2021. I principali fenomeni di Italian Sounding nel mondo agroalimentare. https://www.roedl.it/it/temi/legal-newsletter/12-2021/principali-fenomeni-italian-sounding-mondo-agroalimentare.
[2] Mercato Globale. Italian sounding Rapporto 2022. https://mglobale.promositalia.camcom.it/analisi-di-mercato/tutte-le-news/italian-sounding-rapporto-2022.kl.
[3] La Repubblica, 2009. Nasce una Parma in Cina per produrre prosciutti Dop. https://parma.repubblica.it/dettaglio/nasce-una-parma-in-cina-per-produrre-prosciutti-dop/1744930.
[4] Gamberorosso. 2021. Italian sounding: cos’è, come funziona e quali danni fa al made in Italy. https://www.gamberorosso.it/notizie/italian-sounding-cose-come-funziona-e-quali-danni-fa-al-made-in-italy/.