L'universo
monarchico:
Dalí e i bosoni

Michele Diego
Scienza

Mentre leggiamo La Livella, di fronte al computer o allo smartphone, di solito dimentichiamo la guerra. Oggi no. Oggi la ricordiamo. Una guerra che ci circonda e che ci compone. Una guerra tra particelle elementari, atomi, corpi celesti. Centinaia di miliardi di galassie che si muovono a velocità impressionante nell’universo. Galassie che si attraggono gravitazionalmente, si scontrano, si smembrano e talvolta si inglobano in un cannibalismo galattico. Ognuna di esse è costituita da milioni di gigantesche bombe nucleari in continua esplosione che chiamiamo stelle, spesso orbitanti attorno a un buco nero, come nella Via Lattea. E attorno ad esse orbitano a loro volta i pianeti, nell’equilibro precario imposto dalla reciproca attrazione gravitazionale. Stelle, pianeti, noi, tutto composto da atomi, nei quali gli elettroni subiscono la forza elettromagnetica dovuta all’interazione coi protoni del nucleo. Protoni che tra loro si respingerebbero elettricamente, ma sono invece incatenati assieme.

Un universo, il nostro, che si muove unicamente sotto la violenza delle forze al suo interno. Ogni corpo interagisce con ciò che lo circonda attraverso quattro forze fondamentali: la forza gravitazionale (che attrae tra loro le masse), la forza elettromagnetica (che detta l’attrazione/repulsione tra cariche elettriche), la forza debole (che regola il decadimento degli atomi e la loro radioattività) e la forza forte (che previene l’esplosione dei nuclei atomici). Non esiste altro. Ogni altra forza – colpo, spinta, trazione, attrito, elasticità, reazione chimica, etc. – non è altro che una manifestazione macroscopica delle quattro forze fondamentali. Ogni singolo oggetto del mondo, qualsiasi cosa faccia, la fa unicamente spinto dalla somma totale delle quattro forze fondamentali che agiscono su di esso. Non esiste volontà, pensiero, desiderio, cambiamento, che non sia riconducibile a particelle in conflitto.

Viviamo in una guerra, la cui tregua significherebbe la totale impossibilità di interazione con ciò che ci circonda e quindi il definitivo solipsismo.

Le forze, quindi, sono il modo in cui i corpi interagiscono tra loro. A livello microscopico si può vedere questa interazione come uno scambio di particelle. Le forze, cioè, sono mediate da un particolare tipo di particelle chiamate “bosoni di gauge”. Il fotone – conosciuto anche dai non addetti ai lavori – è il mediatore della forza elettromagnetica. L’interazione tra un elettrone e un protone possiamo dunque immaginarla come uno scambio continuo di fotoni, una sorta di frenetico ping pong tra l’elettrone e il protone. Gli altri mediatori di forze si chiamano bosoni W e Z per la forza debole e gluoni per la forza forte. Il gravitone, responsabile di trasportare la forza di gravità, è predetto dalle teorie quantistiche, ma a differenza di quanto accade per gli altri mediatori, la sua esistenza non è ancora stata dimostrata sperimentalmente.
Possiamo quindi immaginare l’universo come un enorme insieme di particelle che interagiscono tra loro scambiandosi in tutte le direzioni, convulsamente, senza pace un numero incalcolabile di bosoni mediatori di forze. E le interazioni avvengono su tutte le scale, dai minuscoli nuclei atomici fino alle distanze siderali tra le galassie.
Eppure questo apparentemente caotico e infinito scambio di particelle, che vede gli oggetti muoversi unicamente per la furia del tumultuoso traffico bosonico, è in realtà un sistema perfettamente ordinato, preciso, inviolabile. Il nostro è un universo monarchico: le leggi della natura sono date e sono infrangibili. Gli enti non hanno alcuna possibilità di sottrarsi ad esse. Viviamo in una guerra, la cui tregua significherebbe la totale impossibilità di interazione con ciò che ci circonda e quindi il definitivo solipsismo.
Tuttavia, pur immersi nella violenza – tra tumulti atomici, attrazione e repulsione di corpi, esplosioni nucleari stellari, scontri celesti, buchi neri in grado di risucchiare al loro interno stelle o pianeti – siamo in grado di scorgere il miracolo della bellezza senza confini del cosmo: dei quadri rinascimentali, delle vetrate delle chiese medievali, delle cascate e dei tramonti, di una sinfonia di Beethoven e non ultimo di noi, che abbiamo imparato a riconoscere l’ordine nel caos.
Se ne era accorto per primo Salvador Dalí, pittore dell’era atomica – come piaceva a lui stesso definirsi. In una intervista per la BBC, il pittore catalano racconta: “per me non c’è nulla di più felice della [fisica] nucleare, questi straordinari conflitti tra gli elettroni e pinesoni e atomi, tutto salta e si scatena in una straordinaria sensazione euritmica”.
Dalí aveva capito la potenza della fisica nucleare, non solo nei suoi aspetti distruttivi (ritratti ne “Le tre sfingi di Bikini”, in cui dipinge la sua visione degli esperimenti nucleari nell’atollo di Bikini), ma sopratutto nella bellezza del conflitto microscopico che si quieta a livello macroscopico. Tale visione è evidentissima nel quadro dal titolo “Dalí nudo”. In questo singolare autoritratto vediamo Dalí inginocchiato mentre osserva in contemplazione un insieme di particelle, come se di fronte a lui un corpo si fosse smaterializzato negli atomi che lo compongono. In apparenza le particelle sembrano caotiche e frammentarie, ma a un secondo sguardo in esse si scorge il viso di Gala, moglie e musa del pittore, ritratta nella stessa posa della Leda col cigno di Leonardo. È dal caos microscopico che appare la bellezza del mondo.
Nel suo diario, Dalí scrive: “La Vergine non sale al cielo con la preghiera. Vi sale grazie alla forza dei suoi anti-protoni”. La sua cosmogonia, come gli piaceva definirla, era basata su di una mistica nucleare: la fusione di bellezza rinascimentale, misticismo, religiosità e fisica nucleare. Dalí aveva capito la bellezza della guerra universale come danza di tutte le cose.
Noi, in questo articolo, abbiamo ricordato la guerra e i rapporti di forza tra tutti gli enti. Ma è tempo di dimenticare, di lasciare che il ribollire battagliero di cui siamo composti e in cui siamo immersi faccia il suo naturale corso, senza prestargli attenzione. È tempo di fare come Dalí: guardiamo la bellezza, sapendo ma dimenticando che essa emerge dalla violenza.

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