L'effetto
Dunning-Kruger

Michele Diego
Scienza

Alla luce di quanto si vede nei grafici di Dunning e Kruger , quindi, si potrebbe ricalibrare la massima di Bertrand Russell, che potrebbe così diventare: nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono ancora più sicuri di sé e ne hanno ben donde, anzi potrebbero permettersi di esserlo ancora di più.

19 aprile 1995, città di Pittsburgh in Pennsylvania. McArthur Wheeler rapina due banche in pieno giorno e a volto scoperto. Non ha bisogno di coprirsi: ha un asso nella manica. Non si preoccupa neppure delle telecamere di sicurezza che lo riprendono mentre punta una pistola al cassiere per farsi consegnare il danaro. È sicuro di farla franca. La sera stessa, invece, la polizia trasmette il video della rapina al telegiornale locale e in meno di un’ora è in grado di bussare alla porta del rapinatore. L’uomo appare esterrefatto e, mentre la polizia lo ammanetta, afferma “ma ho indossato il succo”.
Interrogato dalle autorità, Wheeler infine spiega che cosa intendesse dire con quella frase. Il suo asso nella manica, la sua arma segreta, stava nello strofinarsi la faccia con del succo di limone che avrebbe dovuto renderlo invisibile alle telecamere. L’idea gli era venuta scoprendo che il succo di limone può essere utilizzato come inchiostro invisibile. Aveva anche provato a farsi una foto prima della rapina e, a suo dire, nello scatto il succo lo aveva effettivamente reso invisibile. La polizia decide di sottoporlo ad esami medici per verificare se avesse assunto alcool o droga. Negativo: è sobrio e lucido, solo alquanto mal informato.

La storia di McArthur Wheeler ha ispirato il lavoro dei socio-psicologi David Dunning e Justin Kruger dell’università di Cornell, che nell’articolo Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments [1] mostrano i risultati di uno studio riguardante il rapporto tra la nostra reale competenza e ciò che presupponiamo di saper fare. Il messaggio che si può estrapolare dall’articolo è riassunto con una massima di Bertrand Russell da Il trionfo della stupidità: la causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
L’articolo non cattura soltanto l’interesse degli accademici, ma entra nella cultura mainstream. Il risultato è servito: migliaia di articoli divulgativi sull’effetto Dunning-Kruger, dove finalmente si può trovare la prova scientifica che il proprio capo, i propri colleghi, i propri clienti siano effettivamente degli inconsapevoli rincoglioniti. Centinaia di grafici perfettamente disegnati che spiegherebbero la traiettoria dell’effetto Dunning-Kruger: per diventare esperti in un settore occorrerebbe prima superare ‘il monte della stupidità’, in cui si è scarsi ma ci si crede formidabili, poi con l’accumularsi delle capacità ci si renderebbe conto della propria presunzione e la fiducia in sé sprofonderebbe nella ‘valle della disperazione’; infine, chi riuscisse a trovare la forza di rialzarsi e di lavorare sodo migliorerebbe sia in capacità reali che in fiducia, scalando così la ‘salita dell’illuminazione’. Ovviamente compaiono anche centinaia di video su Youtube in cui si spiega l’effetto Dunning-Kruger usando il sopracitato grafico, intermezzati da spezzoni di interviste a gente fermata per strada, convinta che la Terra sia piatta o, peggio, che sostiene Donald Trump.

Che aggiungere, allora, alle migliaia di articoli e di grafici? Tre cose, se mi è concesso: una confessione, una precisazione e un consiglio.
La confessione è che chi scrive è certamente vittima dell’effetto Dunning-Kruger. E c’è di più: dal momento che le vittime di tale effetto per definizione sono ignare della loro condizione, non vi è dubbio che io ne sia vittima proprio laddove non penso di esserlo. Chissà in quali e quanti campi dello scibile umano sono il rapinatore con il succo di limone spalmato sulla faccia della situazione. Nonostante questa irreparabile condizione, ho deciso ugualmente di avventurarmi attraverso la lettura dell’articolo originale di Dunning e Kruger.
Lo studio da loro condotto è suddiviso in realtà in quattro esperimenti. Per riassumere l’articolo, possiamo dire (semplificando un po’) che in ognuno di questi esperimenti i partecipanti (tutti studenti dell’università di Cornell) sostengono un esame, alla fine del quale formulano una previsione sul loro rendimento. Successivamente si confronta la loro previsione con il loro rendimento reale.
Nello studio si dividono in quattro quartili i partecipanti ai test a seconda dei risultati ottenuti; per capirci possiamo distinguerli in: pessimi, scarsi, buoni e ottimi. Che cosa si vede, quindi, dagli esperimenti condotti dai due psicologi?
Il primo dato che salta all’occhio è inequivocabile: in tutti e quattro i test, i pessimi e gli scarsi hanno sovrastimato – e di molto – le loro reali performance. Non solo pensavano di aver fatto meglio di quanto non avessero realmente fatto, ma si ritenevano pure superiori alla media. Il ‘monte della stupidità’, quindi, sembrerebbe esistere davvero: gli stupidi sono veramente stra-sicuri, per dirla alla Russell.
Guardando i grafici, però, possiamo dire qualcos’altro, ed è qui che arriva la precisazione: la ‘valle della disperazione’, in cui pur avendo una buona conoscenza ci si ritiene ignoranti, inermi e disperati, è una balla. Se esistesse, dovremmo vedere, nei risultati di Dunning e Kruger, un crollo nelle previsioni del proprio rendimento da parte dei cosiddetti ‘buoni’, che dovrebbero sottostimare enormemente le proprie capacità, fino a ritenersi assai peggiori degli scarsi e dei pessimi. Questo crollo non è affatto così evidente dai grafici riportati nell’articolo. In uno solo dei quattro esami si può osservare i buoni prevedere un risultato sostanzialmente inferiore rispetto a quanto previsto dagli scarsi e dai pessimi, ma questo ribadisce ancora una volta la supponenza di quest’ultimi, non la mancanza di fiducia in sé stessi da parte dei buoni. Essi, infatti, valutano il proprio rendimento in modo alquanto realistico: le loro previsioni sul risultato dell’esame svolto coincidono quasi perfettamente con il risultato reale. La ‘valle della disperazione’, quindi, è semmai la ‘pianura della consapevolezza’, dove si crede di sapere ciò che fattualmente si sa.
Infine ci sono quelli che abbiamo battezzato ‘gli ottimi’. In tutti i grafici dell’articolo, si vede come essi prevedano sempre che i propri risultati si dimostrino pari o superiori a tutti. Si sentono migliori e in effetti lo sono. È vero però che in tutti e quattro gli esperimenti, gli ottimi, pur considerandosi pari o migliori degli altri, si sottostimino rispetto al loro risultato reale, che è sempre più alto di quanto non avessero previsto. Dunque si sentono migliori di tutti, lo sono, ma sono persino meglio di quanto non credano.
Alla luce di quanto si vede nei grafici di Dunning e Kruger, quindi, si potrebbe ricalibrare la massima di Bertrand Russell, che potrebbe così diventare: nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono ancora più sicuri di sé e ne hanno ben donde, anzi potrebbero permettersi di esserlo ancora di più.
Ora che abbiamo osato ritoccare anche Russell, possiamo dirci soddisfatti? Quasi, manca il consiglio, che non è però da parte mia, ma di David Dunning stesso. L’effetto che porta il suo nome e quello del suo collega Justin Kruger non riguarda, a dire la verità, la stupidità. Riguarda l’ignoranza. E l’ignoranza in settori specifici. Gli esperimenti nel loro studio sono quattro, perché quattro sono le categorie esplorate: umorismo, grammatica inglese e per due volte la logica. Tutto ciò per dire che, dal momento che ciò che sappiamo è finito e ciò che non sappiamo è infinito, siamo tutti, presto o tardi, in un settore o in un altro, vittime dell’effetto Dunning-Kruger. Allora il consiglio è questo: non pensiamo sempre e solo che il male del mondo, gli stupidi stra-sicuri di sé, siano gli altri, i boomers, gli analfabeti funzionali, i fessi manipolati dalle fake news, con cui noi, membri dell’intellighenzia superiore ma piena di dubbi, non abbiamo nulla a che spartire. C’è spazio veramente per tutti: dai guidatori che per l’80% si sentono migliori della media [4], alla maggioranza di noi che pensa di avere abitudini più salutari degli altri [5], passando per gli insegnanti che al 90% sentono di essere superiori ai propri colleghi [6], fino al 25% degli studenti che si sente nell’1% per capacità sociali [7]. In una conversazione su Reddit, David Dunning, interrogato sul suo lavoro, scrive: «se mi si chiede quale singola caratteristica rende una persona incline all’autoinganno e al ragionamento motivato (l’interpretazione dei fatti secondo la propria personale convenienza), direi che è respirare».

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