Le dimensioni
contano:
la lunghezza
di Planck

Michele Diego
Scienza

Il tempo medio necessario per leggere un articolo de La Livella è di 5 minuti. 5 minuti, o 300 secondi, 0,003472 giorni, 2250 giri della luce attorno alla Terra. Comunque lo si voglia misurare, il tempo rimane invariato. Per questa ragione i fisici cercano sempre di usare delle unità di misura che siano più comode possibili. E che cosa significa comodo in questo caso? Chiedere al fruttivendolo un chilo di arance è più comodo che chiedergli 0,6×1027 masse protoniche di arance, per esempio. Misurare la distanza Roma-Parigi in chilometri è più comodo che farlo in millimetri. A secondo del fenomeno che dobbiamo misurare, ci è più comodo scegliere delle unità piuttosto che altre.

Minuto, metro, chilogrammo sono tutte unità di misura che ci sono familiari, ne riusciamo a cogliere il significato perché sono dimensioni affini all’uomo: nella vita di tutti i giorni abbiamo a che fare con fenomeni dell’ordine dei minuti, con oggetti dell’ordine del metro e del chilogrammo.
Se però esistesse una comunità di esseri viventi intelligenti grandi quanto microbi, sicuramente misurerebbero i fenomeni attorno a loro con unità differenti dalle nostre. Per loro, sarebbero comode altre unità. Misurerebbero gli oggetti che maneggerebbero in unità paragonabili ai nostri micrometri, il peso degli oggetti che solleverebbero in unità comparabili ai nostri microgrammi.
E allora la domanda è: ma è possibile inventare delle unità di misura che vadano bene per tutti? Che riescano a far comunicare gli uomini con delle ipotetiche forme di vita intelligenti differenti dalla nostra? Delle unità che siano in qualche modo suggerite spontaneamente dalla Natura stessa?

Ma è possibile inventare delle unità di misura che vadano bene per tutti? Che riescano a far comunicare gli uomini con delle forme di vita intelligenti differenti dalla nostra? 

 

È possibile. Ci ha pensato il fisico tedesco Max Planck. Le sue unità, dette “naturali”, sono per così dire anti-antropocentriche. Non si basano cioè su quantità arbitrarie da noi scelte per ragioni storiche o pratiche, ma solo su fenomeni fisici naturali uguali per tutti.
Il punto di partenza di Planck è di prendere sette costanti fondamentali della Natura e usarle per ricavare delle unità di misura universali. Tra queste costanti ci sono “c” la velocità della luce nel vuoto, “G” la costante di gravitazione universale e “ħ” la costante di Planck. Ognuna di esse è associata a una delle grandi teorie della fisica del ventesimo secolo: la relatività speciale e generale di Einstein e la meccanica quantistica.
Combinando in modi diversi queste tre costanti universali siamo in grado di derivare le unità naturali di Planck. Per esempio, prendendo lp = √(ħG/c³) si ottiene la cosiddetta lunghezza di Planck. Similmente mp = √(ħc/G) è detta massa di Planck e tp = √(ħG/c5) tempo di Planck.
Quindi qualsiasi lunghezza, tempo o massa espressa in termini di quelle di Planck non è più una misurazione su un’unità arbitraria, ma ha un significato universale. Un alieno di un’altra galassia, grande come un microbo o come una montagna, sufficientemente avanzato da aver misurato la velocità della luce, la costante di gravitazione universale e il rapporto tra l’energia e la frequenza di una particella (dato da ħ), sarebbe in grado di comunicare con noi lunghezze, tempi e masse di qualsiasi fenomeno. Non sarebbe certamente in grado di capire che cosa sia un metro, un chilometro, un micron, un chilogrammo o un secondo, che sono tutte grandezze scelte arbitralmente dall’uomo. Ma un oggetto lungo 10 lp e pesante 2.6 mp è inequivocabile determinato sia per noi che per lui.
Ma che cosa sono, in Natura, le grandezze ricavate da Planck? Per farcene un’idea, partiamo da un oggetto comunemente considerato molto piccolo: lo spessore di un capello umano. Esso ha una lunghezza di circa 100 micrometri. Se immaginassimo di ingrandire lo spessore del capello fino all’intero universo osservabile (93 miliardi di anni luce o circa 1027 metri), la lunghezza di Planck in rapporto sarebbe di circa 100 micrometri, ovvero lo spessore di un capello. Cioè l’intero universo osservabile sta allo spessore di un capello come esso sta alla lunghezza di Planck. Il tempo di Planck, invece, è di circa 10-44 secondi. Il tempo che intercorre tra il Big Bang e il primo tempo di Planck è chiamato “era di Planck” ed è il primo stadio della nascita dell’universo, in cui le quattro forze fondamentali della Natura sono unificate.
In ogni caso, per lunghezze e tempi inferiori a quelli di Planck, non esiste attualmente una teoria fisica in grado di descrivere la realtà. Il senso stesso di grandezza e tempo perdono di significato nelle attuali teorie. Alcuni scienziati considerano le unità di Planck come i quanti di lunghezze e tempi, come mattoncini minuscoli e indivisibili di cui è composto lo spazio-tempo. In questa interpretazione non esistono tempi più corti rispetto a quello di Planck né lunghezze inferiori a quella di Planck. Più ragionevolmente, le teorie fisiche di cui disponiamo attualmente non sono in grado di descrivere la realtà sub-Planckiana. Le leggi della fisica non reggono più, non sono più applicabili. Ma ciò non impedisce che un giorno possa esistere una nuova teoria, in grado di guardare più a fondo, capace di comprendere al di là di quelli che oggi sono i nostri limiti e svelarci, per esempio, che cosa è accaduto al nostro universo nei suoi primi 10-44 secondi di vita.

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