Layne Staley

The Man in the Box

Marco Montagnin
Letteratura

Layne decise, a differenza di Kurt, to fade away

 

Ho fatto casino da ragazzino/Sono cresciuto, ho fatto della lama il mio nuovo giocattolo/Gli amici dicevano “ragazzo, con cosa cazzeggi in giro” io dicevo/”Non vi riguarda, datemi solo un altro sballo”/Sì, sì. sì, sì/Sotto la collina, con poche tacche sulla mia cintura/Toglietemela, non ne voglio più/anche se dici solo un’altra/ io non ti lascerò solo, ooh.[1] 

Era il 1967, l’America era alle prese con la guerra del Vietnam, i fondi di The Great Society – piano economico per la lotta alla povertà – venivano convogliati nel comparto militare e le discriminazioni razziali minavano alla base la coesione sociale: il Civil Rights Act del 1964 aveva finalmente riconosciuto pari diritti alla popolazione afroamericana ma la lotta per una concreta uguaglianza era destinata a durare ancora a lungo.

Il 22 Agosto nacque Layne Rutherford Staley (successivamente Layne Thomas Staley) a Kirkland, una cittadina dello stato di Washington.

Layne era un bambino gentile, sensibile, appassionato di musica sin dall’infanzia (a nove anni scrisse che da grande voleva fare il cantante) ma la vita fu maledettamente difficile per lui. Suo padre era un tossicodipendente, un alcolizzato che portava gli amici in casa la sera e la madre cercava di ripulire le tracce dei suoi bagordi notturni affinché il figlio non si accorgesse di nulla. I suoi genitori divorziarono quando lui aveva sette anni; fu un duro colpo. Quell’adulto che non c’era quasi mai era comunque una figura importante per Layne. Scomparve (sua madre ad un certo punto gli disse che il padre era morto), eppure non venne dimenticato dal figlio che iniziò a soffrire di incubi: una velata tristezza iniziò ad accompagnarlo, tristezza che si tramutò in dolore, dolore che divenne rabbia. Fu allontanato da scuola e venne inserito in un istituto per casi problematici. Iniziò a scrivere poesie, canzoni, pensieri. In essi trasparivano la sua fragilità, la malinconia, l’uso prima e l’abuso poi di droga.

Alla fine degli anni ’80 Seattle era la capitale americana del grunge e dell’eroina; lì Layne conobbe Jerry Fulton Cantrell Jr. ed insieme formarono gli Alice in Chains. Tre anni dopo, nel 1990, uscì il loro primo album, Facelift.

Sono cresciuto, sono andato in riabilitazione/Sapete che i dottori non mi hanno mai aiutato/Dissero: “Figliolo, sarai un uomo nuovo”. Io dissi: “Grazie mille” e “Mi presti 50 dollari? /Sì, sì. sì, sì/Sotto la collina, con poche tacche sulla mia cintura/Toglietemela, non ne voglio più/Anche se dici solo un’altra/ io non ti lascerò solo/Perché sto scendendo gli scalini su una linea bianca/scendendo i gradini su una linea bianca/scendendo i gradini su una linea bianca/dritto verso il nulla/ scendendo i gradini su una linea bianca/scendendo i gradini su una linea bianca/ scendendo i gradini su una linea bianca/dritto verso il nulla.[2]

Nel 1992 uscì l’album Dirt e fu un successo internazionale. I suoni cupi, distorti, e le tematiche affrontate rivelarono al pubblico le sempre più preoccupanti condizioni di Layne. Suo padre ricomparve all’improvviso: aveva visto le foto del figlio, e così iniziarono a farsi insieme per un breve periodo; venne poi cacciato perché Layne si accorse che l’unico suo interesse era la droga.

“Roba, cazzo”/Sì/Sì, sì/Una buona nottata, la migliore da tanto/Un nuovo amico mi ha fatto tornare a una vecchia preferita/Niente di meglio di uno spacciatore strafatto /Essere strafatti, convincerli a comprare, sì/Quale droga potrei scegliere? /Beh, tu che hai? /Non sono al verde/E mi faccio spesso/Sembra così malata la norma ipocrita/Seguire le loro noiose esercitazioni/Ma noi siamo una razza d’élite tutta nostra/I drogati, i tossici e i pazzi/Sei felice? Lo sono, amico/Contento e pienamente consapevole, sì/Soldi, status, niente per me/Perché la tua vita è vuota e spoglia, sì/Quale droga potrei scegliere? /Beh, tu che hai?/Non sono al verde/E mi faccio spesso/Mi faccio spesso, sì/Sì, sì/Sì/Non puoi capire la mente di un tossico/Ma prova con i tuoi libri e le tue lauree/Se solo ti lasciassi andare e aprissi la tua mente/Scommetto che faresti come me/E non è così male/Quale droga potrei scegliere? /Beh, tu che hai? Vedi, non sono al verde/E mi faccio spesso/Dico, mi faccio spesso!/ Mi faccio spesso!/ Mi faccio spesso!/Dico, mi faccio spesso![3]

Layne utilizzava la musica per parlare con se stesso, per affrontare i suoi demoni interiori, per darsi forza; eppure album dopo album le canzoni divennero più cupe, lui più magro, iniziò a perdere i denti, a soffrire di atrofia alle gambe, le sue braccia si ricoprirono di pustole e croste, ed anche le mani andarono incontro alla stessa fine (le vene delle mani servono quando quelle delle braccia sono ormai inutilizzabili).

Nel 1994 morì Kurt Donald Cobain (frontman dei Nirvana); fu un duro colpo per Layne. I due si conoscevano ‒ ma non erano amici intimi. Questo lo convinse a rientrare in un centro di recupero ma non servì a nulla.

Kurt [Cobain] e io non eravamo amici strettissimi, ma ci beccavamo agli spettacoli e ce la spassavamo spesso. Lo conoscevo abbastanza bene da essere devastato dalla sua morte. Semplicemente non capisco proprio. L’ultima volta che l’ho visto, mi ha dato un passaggio da QFC sulla Broadway a casa di un amico, per tutto il tragitto, che era circa un quarto d’ora, ha parlato di sua figlia. Per essere una persona così tranquilla, era davvero entusiasta di diventare padre, amava davvero quella bambina. Circa un mese dopo ho visto al telegiornale che era morto.[4]

Il 1995 fu l’anno di Alice in Chains, ma la band non poté fare tour: le condizioni di salute del frontman non lo permettevano. L’eroina era diventata parte integrante della vita di Layne, e più il tempo passava più lui si rendeva conto che non era possibile tornare indietro. Il 1996 fu il punto di rottura per il cantante. In aprile si svolse l’MTV Unplugged: un concerto cupo. Layne si presentò vestito di colori scuri che ne risaltavano la magrezza, le mani erano ricoperte da dei mezzi guanti, sul volto un paio di occhiali da sole proteggevano i suoi occhi dagli sguardi inopportuni; l’ambiente era illuminato da candele, e nell’aria risuonava la voce straziante e potente, roca e graffiante di un uomo scheletrico che con le sue ultime forze era arrivato sino alla sedia, sino al microfono. Finita la performance disse: “I wish I could hug you all, but I’m not gonna”. A luglio ci fu un altro concerto concerto e poi più nulla.

Inseguiamo bugie stampate male/Affrontiamo il cammino del tempo/Eppure combatto/Eppure combatto/Questa battaglia tutto solo/Nessuno su cui piangere/Nessun posto da chiamare casa/Oooh… oooh…/Oooh… oooh. …/Il mio dono di me stesso è violentato/il mio privato è esposto/ Eppure trovo/ Eppure trovo/Ripetere nella mia testa/Se non posso essere me stesso/Starei meglio da morto/Oooh… oooh…/Oooh… oooh…[5]

 A ottobre morì l’amore della sua vita e Layne, che già prima si era chiuso in se stesso allontanando la maggior parte delle persone a lui vicino, allontanò definitivamente tutti. Se prima si udiva ancora un’eco lontana che chiedeva aiuto quando nei suoi occhi brillava un momento di lucidità, quell’eco, divenuta con il tempo così flebile, si spense. Layne decise, a differenza di Kurt, to fade away. Fu ritrovato morto nel suo appartamento, in cui da anni viveva da recluso, due settimane dopo il decesso. Overdose, forse una speedball. Morì il 5 aprile del 2002, lo stesso giorno di Kurt, otto anni prima. Con lui morì anche il grungeche ‒ assieme ai Nirvana ‒ aveva trovato nell’Unplugged il suo ultimo straziante grido, e nel decesso dei due frontmen l’ultima nota.

Layne non fu un ragazzo, un uomo che decise di “buttare la sua vita” e di assumere droghe. Layne fu un ragazzo gentile, sensibile, empatico che non riuscì ad affrontare i suoi fantasmi; che, come molti suoi coetanei, si ritrovò davanti ad un salto generazionale incolmabile; la droga non fu soltanto una scelta, ma soprattutto una conseguenza. Divenne, insieme a pochi altri, la voce di una generazione ignorata, maledetta, cancellata, la voce di una generazione inadeguata agli occhi del mondo che trovò nell’eroina la possibilità di dimenticare ogni cosa, di riempire di morte il vuoto di un animo fragile, lasciandosi dissanguare, lentamente, fino alla fine.

Ho scritto di droghe, e non pensavo di essere pericoloso o imprudente scrivendone. Ecco come andava il mio schema di pensiero: Quando ho provato le droghe, erano fottutamente fantastiche, e hanno funzionato per me per anni, e ora si stanno rivoltando contro di me – e ora sto attraversando l’inferno, e questo fa schifo. Non volevo che i miei fan pensassero che l’eroina fosse figa. Ma poi ho avuto dei fan che sono venuti da me e mi hanno dato il pollice in su, dicendomi che erano fatti. Questo è esattamente quello che non volevo che accadesse.[6] 

La vita non fu facile per lui: ad ogni svolta c’era un evento traumatico; quello che più lo segnò fu la morte della sua amata. Mark William Lanegan (frontman degli Screaming Trees) disse a Rolling Stone nel 2002: “He never recovered from Demri’s death. After that, I don’t think he wanted to go on“.

Layne fu un cantante, il cantante degli Alice in Chains, uno dei più grandi cantanti rock di sempre; fu una delle più importanti voci del grunge ‒ il Seattle sound ‒ ma prima di tutto questo fu un essere umano.

Imprigionarmi
Suppongo da qualche parte dentro di me
Desidero la libertà
Da ciò che mi paralizza
L’esagerazione capovolge l’emozione…
Sottostimata. Emozione. Perché l’urgenza di nascondere
E rallentare questo flusso, che può
E forse, migliorerà e
Guarirà questa agonia interiore?
Proteggo il mio dolore
Che è solo mio
E così tanto voglio tenere il mio
dolore per me stesso
Ma, così facendo, sto ferendo
Così tanti che mi incrociano, o si preoccupano per me,
che vogliono amore e accettazione,
solo per gettarti a terra nel fondo
Del nostro amore condiviso
Ma la rabbia e il senso di colpa non sono condivisi
Tra me e te
Tu sei incolpato di tutto ciò che è un
Mistero dentro di me… che brucia
Oh, prego di poter un giorno
Gettare una coperta su quell’arrabbiato
Bambino
Se la forza si trova nel
Nucleo del mio essere
Le sue lacrime bagnano il mio cuore e
lo appesantiscono
Sto annegando e sono stanco
E così molto, molto solo
Io sono.

[2]Ivi.

[4]Pandemonium Magazine, Vol#29 – April 1995: “Layne Staley Unchained”

[6]Wiederhorn, Jon (February 8, 1996). Alice in Chains: To Hell and Back. Rolling Stone.

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