Ladri di carta

Memoria e
dimensione

Nausica Manzi
Filosofia

La piega sublima la carta,

la rende preziosa e

ne fa emergere il valore di

memoria attraverso la

dimensione che le darà.

Alla ricerca disperata di una vera dimensione, in un deserto di una memoria da ripristinare, severi orologi di un tempo venerando e terribile si sciolgono come neve al sole, mentre maschere artisticamente inquietanti celano volti di carne d’esistenza appartenenti a fragili e ribelli ladri che, come formiche nel loro lento ma irrefrenabile lavorìo, divorandole, rubano carte di valore per vincere una geniale rivoluzione. 

Memoria e dimensione si confondono tra i dettagli surrealisti della Persistenza della memoria, centrale opera di Salvador Dalì, e tra le strategiche maschere e le profonde tute rosse della serie tv La casa di carta. Da questi due concetti dipende infatti l’intero esito di un geniale furto alla banca ‘umanità’: memoria e dimensione, nel loro intrecciarsi, danno inaspettatamente vita ad una odierna definizione  di ‘essere umano’. Quale sarà? Cosa sono dunque in realtà memoria e dimensione? 

 

La memoria è uno strumento intellettivo capace di immagazzinare nella coscienza azioni, luoghi e persone relativi al passato, e di renderli poi presenti, con nuovi legami e forme, attraverso il ricordo. È quindi una facoltà innata, inconsapevole e nel contempo consapevole; è un contenitore che fotografa ed imprime una dimensione all’anima: «supponi che vi sia nella nostra anima una cera impressionabile[…] È un dono, diciamo, della madre delle Muse, Mnemosine: tutto ciò che desideriamo conservare nella memoria di ciò che abbiamo udito, visto o concepito si imprime su questa cera»[1]. Gli orologi molli nell’opera Persistenza della memoria di Dalì rappresentano la potenza della memoria: essa supera e dilata il tempo, anzi lo deforma, lo ‘soggettivizza’ fino a farlo “sciogliere”, liberandolo dalla sua rigidità, rendendolo inconsistente e quasi inesistente.

La memoria è una ‘fotocopiatrice’ che ricalca la realtà nell’anima, ma trasformandola e dando vita così ad una stampa dotata di una precisa dimensione, intrisa di sogni, ricordi e speranze. Come emerge nel quadro, quindi, la memoria è il mezzo con cui l’esterno assume la dimensione della vita interiore, è la ‘fotocopiatrice’ della comunità (stato esterno) che, nel suo lavoro di stampa, lo fonde armoniosamente con l’interiorità (stato d’animo). Nel suo copiare, però, la memoria scombina, fondendo interno ed esterno e producendo, alla fine, una carta preziosa formata da crisi e speranze, rughe d’esistenza dolorosa ma felice.

Esattamente come gli orologi molli nel quadro dell’artista, le maschere del volto di Dalì che i protagonisti de La casa di carta indossano sono metafora della memoria: esse sono un filtro che accoglie la realtà esterna celando un mondo interiore di ricordi e sogni. In esse si confondono i riflessi del mondo esteriore che le sfiora e i respiri interiori che le abitano: la maschera custodisce e deforma, copia e trasforma, lascia intravedere ma non catturare, è travestimento ribelle e, nel contempo, chiave di volta per oltrepassare e scovare una dimensione ulteriore. La memoria è il luogo dove il sogno di ogni sé può divenire realtà. 

Orologio molle che annulla il tempo, maschera che rivela e nasconde e fotocopiatrice ribelle, la memoria quindi stampa ogni volta una dimensione unica di una carta sacra. Solitamente la dimensione indica le misure che determinano la forma e la grandezza di un oggetto: essa è spazio fisico e mentale, ciò che è visibile e ciò che non lo è, modo di vivere e punto di vista. Nell’opera di Dalì si scontrano molte dimensioni, scene oniriche e reali, niente sembra avere stabilità o verità, esattamente come tra le maschere e le tute rosse dei protagonisti ne La casa di carta che celano dimensioni di vita, forme di anime diverse, grandezze di dolori o di gioie che hanno dato loro colore. La dimensione è l’insieme delle ‘misure’ d’esistenza personali che rendono ogni vita unica e grande, ovvero degna

La dimensione quindi rappresenta la stampa preziosa a cui la memoria ‒ fotocopiatrice, maschera e orologio molle ‒ dà vita e che contiene interiore ed esteriore, carta sacra di immenso valore: l’umanità. L’umanità è frutto del lavoro di memoria, carta sacra dalle dimensioni uniche ed originali, somma di esteriorità e interiorità. Tale carta preziosa che è l’umanità, però, è soggetta a continue violazioni e trasformazioni che, come formiche, la corrodono lentamente e alla fine la fanno cadere nel baratro dell’oblio di sé: la ‘sacralità’ della commistione di memoria e dimensione di cui è composta diventa quotidianamente numero da classificare, denaro o merce di scambio. Nella società contemporanea, difatti, essa è sempre a rischio, eternamente in crisi e ogni volta dimenticata, carta di immenso valore ma calpestata, piegata, poi accartocciata e buttata via. 

A questo punto, tornando all’analisi sia dell’opera La persistenza della memoria che della simbologia utilizzata ne La casa di carta, emerge ora un fondamentale elemento comune: la presenza di ‘pieghe’. Nel quadro di Dalì infatti sia i famosi orologi molli, che la scogliera sullo sfondo, che la strana figura al centro sono caratterizzati da pieghe, segni di fragilità, di dimensioni elastiche e non rigide, di memoria che trasforma la realtà; mentre, nella serie tv, tra le sue attività preferite, il personaggio centrale, il geniale Professore ha quella di  fare origami. L’origami è l’arte giapponese di piegare la carta per realizzare oggetti o animali e che fonde in sé tradizione, religione e arte. In questa pratica ciò che è fondamentale è il gesto stesso della piegatura: la piega sublima la carta, la rende preziosa e ne fa emergere il valore di memoria attraverso la dimensione che le darà. Nelle sue pieghe, la preziosa ‘carta-umanità’ unisce memoria e dimensione ed è la piegatura stessa che fa il suo valore: nella negatività la carta riscopre e fa brillare il suo valore sacro. Quando, perciò, nei suoi deliri, la società contemporanea ‘piega’ la carta, preziosa e rinnovata stampa di memoria formata da molteplici ed uniche dimensioni, emerge una nuova definizione di ‘essere umano’, quello di ‘ladro’. 

In tipografia la parola ‘ladro’ descrive una ripiegatura del foglio che impedisce una stampa perfetta: il ladro è la piega che, come  nell’arte degli origami, rende sacra la carta, quella stessa ‘carta-umanità’, banca da svaligiare per reinventare, commistione di memoria e dimensioneQuindi, stretto nella dimensione personale della sua tuta rossa di carne ed ossa e nella sua maschera di memoria che lascia intravedere e nel contempo nasconde, immerso in una realtà di orologi molli perché commisti al coraggio dei suoi sogni, l’essere umano è un ladro, piega che, pretendendo cura, custodia e giustizia, si interpone e ‘ruba’ parte di quell’intera ‘carta umanità’, banca di preziosità esistenziali.  

Memoria e dimensione sono dunque gli strumenti che permettono alla piega d’esistenza, inconsueto ladro, di riscoprirsi, di svaligiare la banca ‘carta-umanità’ da tutte quelle false ‘carte’ di soprusi, pregiudizi e deliri e farsi combattente origami nella geniale rivoluzione: attentato di ladri di carta alla contemporaneità!

[1]  Platone, Teeteto, 191 d.

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