… ed è concentrandoci su qualcosa di infinitamente piccolo, come una linea divisoria, che ci si concede una prima tregua dalla discussione sui grandi bianchi e neri della vita.
La musica ha un ruolo insostituibile nelle vite di quasi tutti noi, sia per la sua funzione sociale sia per la sua capacità di innescare una catarsi individuale. «Camminare sulle righe come fossi Johnny Cash» è il ritornello di una canzone italiana cantata e scritta da Irene Facheris, che ho scoperto un anno fa su Spotify; ed è inoltre un buon punto di partenza per la riflessione che vorrei proporre. Il testo riflette su di una pratica esistenziale che suona quasi anacronistica nei rapporti odierni tra gli esseri umani; si parla sempre più di rapporti basati sul principio: fai in modo che tutti stiano bene e che nessuno sia costretto a ‘subire’ qualcun altro. Questo punto di vista è buono ma forse maschera un’incapacità di capire quali siano gli sforzi necessari e sufficienti per amare e amarsi; questo perché non vi è mai stato un altro periodo storico dove siano stati così presenti la sofferenza e – di conseguenza – strategie e le magie per evitarla. In altre parole il focus presentato dalla cantante riguarda il modo in cui ci si debba modulare in rapporto alla presenza di un altro da sé al proprio fianco:
E camminare sulle righe e non sviare mai da te
Concentrare le fatiche proprio perché ora ho te
Camminare sulle righe come fossi Johnny Cash
Non sentire le fatiche dentro il tempo insieme a te
La canzone parla di crescita e cambiamento, entrambe variabili nelle quali coesistono gioia e dolore, perché di questo si nutre il cercare di incontrare l’altro per poter stare assieme ad un livello più profondo.
Emerge inoltre chiaro dalla canzone l’esplicito riferimento Johnny Cash ed alla sua celebre ballata folk I walk the line; Johnny Cash è stato una figura curiosa nel mondo musicale, profondamente divisa tra molti estremi : vanità, droghe ed episodi di carcerazione da un lato, ma dall’altro un rapporto profondo con il cristianesimo al punto tale da dedicarvi, nella seconda metà della sua vita, studi appositi e giungere fino ad influenzare numerose persone attorno a sé. A ben vedere, partendo dalla canzone di Facheris, si può trovare in quella di Cash un’ulteriore conferma al precetto che conduce il nostro ragionare attorno alle righe.
Because you’re mine, I walk the line
I find it very, very easy to be true
I find myself alone when each day is through
Yes, I’ll admit that I’m a fool for you
Because you’re mine, I walk the line
As sure as night is dark and day is light
I keep you on my mind both day and night
And happiness I’ve known proves that it’s right
Per far sì che questo concetto sia più chiaro potremmo esemplificarlo immaginando una scacchiera che si compone di spazi bianchi e neri, dove ‒ che si tratti del gioco degli scacchi o della dama, poco importa ‒ le nostre pedine sono solite muoversi nelle relative caselle. Ma sia l’italiana Irene che l’americano Johnny (Giovanni per tutti noi) hanno in mente qualcosa di diverso: quelle linee che dividono i bianchi dai neri, ossia lo spazio di un punto che è diviso dall’altro da infiniti punti, nell’interstizio che separa è pur anche lo spazio comune; ed è concentrandoci su qualcosa di infinitamente piccolo, come una linea divisoria, che ci si concede una prima tregua dalla discussione sui grandi bianchi e neri della vita.
In questo caso il bianco ed il nero potrebbero essere io ≠ tu, l’ego e la coscienza universale, notte e giorno, bene e male, spirito e materia.
L’amore che, agli occhi di scrive, accomuna ma non identifica, non si comporta diversamente; così quando ci troviamo confusi tra pensieri contrastanti cerchiamo di portarci in quella regione di confine che ci colloca più vicino a qualcosa di diverso. E se ci riuscisse di ‘saltare’ in quella terra di nessuno scopriremo che ha una sua identità e che quello che pensiamo come un vuoto piccolissimo è in realtà l’esperienza di un frattale, ossia quello che in geometria si definisce un oggetto dotato di omotetia interna: la sua forma globale si ripete allo stesso modo su scale diverse.
Allora avremo lo spazio dell’amore che non appartiene a nessuno ma al quale tutti possono appartenere e che ripete se stesso in ogni esperienza. Camminare sulle righe è un modello mentale, un bel ritornello da cantare come un mantra o una verità simbolica che come molte altre ha il solo scopo di far pensare.