L’universo è un grande orologio, pieno di ingranaggi rotanti gli uni sugli altri in maniera ordinata e predeterminata.
Da che mondo è mondo, l’uomo ha cercato di spiegarsi il perché delle cose. Oggi, in un’epoca dominata dal pensiero scientifico, descriviamo l’esistenza del fulmine come dovuta a una differenza di potenziale elettrico tra il terreno e le nuvole. In passato c’era chi spiegava il fenomeno attribuendolo all’ira Zeus o Thor. Per quanto diversi, l’approccio di oggi e quello legato alla mitologia hanno in comune il desiderio, tutto umano, di darsi una spiegazione del perché un fenomeno accada. E, tutto sommato, viviamo in un secolo in cui riusciamo a spiegarci in maniera convincente una vasta gamma di fenomeni attorno a noi. Sappiamo di trovarci all’interno di una galassia, attorno al cui centro orbitiamo assieme all’intero sistema solare, nel quale il pianeta che abitiamo, la Terra, orbita a sua volta attorno al Sole. Tutti questi movimenti sono determinati dalla forza di gravità. Anche sulla Terra questa forza è fondamentale: trattiene l’atmosfera, trattiene i mari, trattiene noi stessi e gli oggetti di uso comune senza farli e farci vagare liberamente. A livello più piccolo le cose sono determinate sopratutto da forze elettro-magnetiche: la coesione della materia, la chimica dei diversi materiali, i processi di trasformazione del cibo nelle azioni che compiamo. Ancora più in piccolo sono le forze nucleari a descrivere ciò che accade all’interno dei nuclei atomici. Insomma, dalle galassie fino ai nuclei atomici, tutto è regolato da leggi ben definite, forze esprimibili matematicamente, rapporti di causa-effetto. Dotati di sufficienti nozioni riguardo a un sistema, siamo in grado di predirne il futuro, applicando leggi scientifiche. Se accendiamo il fuoco sotto un pentolino pieno d’acqua, sappiamo che essa bollirà entro qualche minuto. Se lanciamo in aria una palla, sappiamo che essa ricadrà al suolo e, se abbiamo abbastanza informazioni sulla forza del lancio e la massa della palla, sappiamo calcolare esattamente quando cadrà e dove.
Pierre Laplace, nel diciannovesimo secolo, immaginò un demone in grado di conoscere lo stato di tutte le particelle dell’universo, la loro posizione e la loro velocità. Un simile demone, applicando con pazienza le leggi della fisica, sarebbe in grado di predire tutto il futuro dell’universo e anche di andare a ritroso, ripercorrendone tutto il passato. Per lui, non può avvenire nulla di sorprendente, tutto è già scritto ed è determinato da cause precise e razionali.
Ovviamente Laplace sapeva che il suo demone era puramente immaginario. Ma per il matematico francese la sua inesistenza era soltanto un fatto contingente, accidentale: non vi erano, nella sua visione, leggi dell’universo che ne vietassero a priori l’esistenza. L’universo è un grande orologio, pieno di ingranaggi rotanti gli uni sugli altri in maniera ordinata e predeterminata. Che vi fosse o meno un essere in grado di conoscere ogni ingranaggio, non cambiava la natura dell’universo in sé.
Ma se ogni fenomeno dell’universo è riconducibile a una causa che lo precede e l’intera sequenza degli eventi universali è già scritta, allora perché lo stesso non dovrebbe applicarsi anche a noi? Perché le nostre azioni e le nostre scelte dovrebbero esulare da tale predeterminazione? Perché i nostri comportamenti, i nostri gusti, le nostre idee, non dovrebbero poter essere ricondotte a livello microscopico, scomposte in particelle il cui destino è dettato puramente da forze deterministiche conoscibili?
Se immaginiamo il mondo così come lo immaginava Laplace – regolato puramente da leggi matematiche esatte – allora non c’è scampo: l’intera storia dell’universo è già scritta e noi, in quanto parte dell’universo, apparteniamo a quella storia. In tal senso, il libero arbitrio non esiste. Ciò che noi pensiamo essere una scelta libera, in realtà è già stata decisa miliardi di anni fa. Delle particelle, a partire dall’inizio della storia universale, hanno seguito una complessa ma preordinata dinamica che le hanno portate oggi a comporre il nostro corpo, costituire un nostro pensiero, una nostra scelta, una nostra azione.
Dunque è tutto già deciso e non c’è via di scampo? Più o meno, ma esiste una piccola consolazione: Laplace aveva torto. La meccanica quantistica prevede, infatti, che esistano moltissimi fenomeni che avvengono in maniera casuale, impossibile da determinare con certezza. E con “casuale”, non si intende la casualità, ad esempio, del lancio di una moneta, in cui in realtà, a ben vedere, se si conoscesse esattamente il peso della moneta, la forza a cui viene sottoposta, il punto esatto in cui tale forza è applicata, si sarebbe perfettamente in grado di predirne il risultato. In meccanica quantistica, la casualità è una proprietà intrinseca della natura, non deriva dall’ignoranza di chi osserva il fenomeno senza conoscerlo sufficientemente in dettaglio. Se ad esempio osserviamo un materiale radioattivo, è impossibile predire l’istante in cui un suo singolo atomo decadrà emettendo radiazioni. Nessuno può saperlo, nemmeno un demone, perché il decadimento è un fenomeno intrinsecamente casuale, statistico, probabilistico. E così come per il decadimento di un atomo, attorno a noi, a livello quantistico, avvengono continuamente fenomeni il cui esito non è predeterminato a priori.
Abbiamo quindi salvato il libero arbitrio? Non proprio, per due ragioni. La prima è che, se è vero che non si può conoscere atomo per atomo l’esito di molti fenomeni, è certamente possibile sapere a livello statistico che cosa accadrà su scala macroscopica. Riprendendo l’esempio del materiale radioattivo, pur non sapendo l’istante esatto in cui decadrà ogni singolo atomo, si può calcolare con elevata precisione – attraverso metodi statistici – quanti atomi saranno decaduti dopo un’ora. Un po’ come per un casinò: magari non siamo in grado di determinare il singolo destino di ciascun giocatore, se uscirà trionfante o avendo perso tutto, ma sappiamo perfettamente quanto il banco avrà guadagnato a fine anno. La seconda ragione è che questa casualità quantistica non è una caratteristica specifica degli umani. Anche gli atomi di una sedia o di una pietra hanno indeterminazioni quantistiche, per cui cercare di salvare il libero arbitrio attraverso l’indeterminazione quantistica significa attribuire il libero arbitrio anche ad oggetti come un sasso.
Come vivere, dunque, con la consapevolezza che le nostre azioni, le nostre scelte, che ci appaiono così libere e personali, così in bilico prima che noi si decida definitivamente, derivino in realtà da quanto accaduto in eventi passati, anche prima che noi nascessimo, persino prima che la Terra esistesse? Molti filosofi dicono che tale consapevolezza non cambia di una virgola il modo in cui dobbiamo comportarci. Chi scrive, però, non se ne intende a sufficienza di filosofia per spiegare il perché di tale affermazione. Ma l’uomo – abbiamo detto – cerca il perché delle cose. E allora chi scrive invita il lettore ad accompagnarlo nella sezione filosofica de La Livella, e infine tace.