Già soltanto il sapere che ci sono scienziati che dedicano la loro carriera alla comprensione dell’incomprensibile, come cerchi e quadrati che si sforzino di venire a capo dell’esistenza di sfere e cubi, mi rende in qualche modo orgoglioso dell’umanità e del suo instancabile desiderio di conoscenza.
Che cos’hanno in comune il regista Federico Fellini, il filosofo Michel Foucault e il fisico Carlo Rovelli? Tutti e tre hanno provato l’LSD. Io no, mi fa paura. Così paura che avrei paura persino a consigliare a qualcuno di prenderlo. Ed è un bene, dal momento che è illegale. Oltre al fatto che invitare un lettore a prendere una sostanza psichedelica solo per leggere un articolo sarebbe davvero oltraggioso. Il contrario, però, non è né illegale né oltraggioso: se mai doveste decidere per conto vostro di allucinarvi in qualche modo, che sia leccando una rana tropicale o sorseggiando un tè più speziato del solito, ricordatevi di riprendere in mano questo articolo per una seconda lettura, potrebbe aiutare il processo.
Vorrei in effetti parlare di dimensioni. E non nel senso che gli attribuiamo di solito, come la dimensione di una casa o di una città, bensì di extra-dimensioni e mondi extra-dimensionali. Che cosa sono allora le dimensioni, in questo caso? Diciamo che esse rappresentano il numero di direzioni in cui un oggetto può estendersi. Una casa, per esempio, si estende in lunghezza, larghezza e altezza. Essa è un oggetto a tre dimensioni. Potete immaginare una casa in due dimensioni? E in quattro?
Iniziamo letteralmente da zero: com’è un mondo a zero dimensioni? Esso è un punto. Non c’è molto altro da dire. Nulla può muoversi, non esiste estensione di alcunché. Non esistono frasi come “questo oggetto è grande così e cosà”. Per comunicare la nostra posizione a qualcun altro non avremmo bisogno di alcuna coordinata geografica. Tutti gli abitanti di questo mondo sarebbero punti, identici tra loro e ammassati uno sull’altro – ammesso che si accetti che più abitanti puntiformi del mondo zero-dimensionale possano stare sovrapposti in un unico punto.
Procediamo quindi a un mondo dove gli abitanti possano distinguersi un pochettino tra loro, e ci sia anche un po’ più di dinamicità: il mondo unidimensionale. Tutto il mondo starebbe su una retta (o un segmento di retta). Gli abitanti sarebbero dei segmenti, quindi almeno potremmo distinguerci per lunghezza, e passeremmo la vita a muoverci a destra e a sinistra. La nostra posizione sarebbe identificata da un’unica coordinata geografica: “sono al punto cento, raggiungimi”.
Nuovo step, nuove possibilità: il mondo bidimensionale. Gli abitanti sarebbero delle figure geometriche 2d: cerchi, triangoli, quadrati, esagoni e in realtà qualsiasi altra forma si possa disegnare su un foglio di carta. Ci potremmo muovere a destra e a sinistra, ma anche su e giù. Per far sapere a un amico-2d il punto in cui ci troviamo, sarebbero necessari due numeri, come nel piano cartesiano: la coppia x,y definisce univocamente un punto.
Il mondo tridimensionale penso non rappresenti qualcosa di sorprendente, per lo meno per coloro che stanno leggendo l’articolo senza effetti da LSD. Il mondo 3-d è il nostro. Ci muoviamo a destra e a manca, su e giù, avanti e indietro. Ci serve pure l’altitudine per dire esattamente dove siamo. È vero che Einstein ci ha insegnato che in realtà il nostro è un mondo quadridimensionale in cui la quarta dimensione è il tempo, ma in questo articolo ignoriamo completamente la questione “tempo” – ci interessa solo lo spazio e la geometria. Quindi Einstein, per oggi, lo trascuriamo.
Si potrebbe continuare così all’infinito: mondi 4-d, 5-d, 100-d, etc. Il problema è che io, il mondo 4-d, non ve lo so descrivere. Quando ero una matricola all’università, avevo due professori di matematica particolarmente acuti e stravaganti. Uno sosteneva di essere in grado di immaginare un “tesseratto” (un cubo in 4-d) – lo diceva quasi sprezzante, come a dire “perché, voi per caso non ci riuscite?”. L’altro sosteneva che il primo mentisse. Io speravo avesse ragione il secondo, infastidito dal fatto che no, io non ci riuscivo.
Nonostante questo, possiamo comunque dire qualcosa sia del mondo 4-d che di dimensioni superiori. Possiamo almeno immaginare che cosa capiterebbe se il nostro mondo venisse in contatto con un mondo di dimensioni superiori. Per capirlo, iniziamo con qualcosa di leggermente più semplice. Supponiamo di abitare il mondo 2-d e di venire in contatto con un oggetto 3-d. Che cosa vedremmo? Semplicemente l’intersezione dell’oggetto tridimensionale con la superficie 2-d in cui noi siamo confinati. Prendiamo per esempio una sfera che si avvicini al nostro mondo e lo attraversi. All’inizio, quando la sfera è lontana, non saremmo in grado di vederla perché a noi manca del tutto la terza dimensione. Essa è al di fuori del nostro mondo. La sfera si avvicina e quando ha iniziato a entrare in contatto col nostro mondo, noi vediamo apparire un piccolo cerchio: è l’intersezione dell’inizio della sfera col piano in cui viviamo. Mano a mano che la sfera continua ad attraversare il piano, il cerchio si allarga, arrivando ad un massimo nell’istante in cui la sfera si trova esattamente a metà del suo passaggio (quando viene tagliata dal piano nel suo “equatore” per così dire). Quindi inizierà a rimpicciolirsi, fino a scomparire nell’istante in cui non sarà più in contatto col piano.
Il lato affascinante di questo esempio abbastanza banale è che qualcosa che in una visione 3-d appare elementare come il movimento di una sfera, apparirebbe del tutto irrazionale agli abitanti del mondo 2-d. Possiamo immaginarceli mentre si interrogano circa l’incomprensibile apparizione di un cerchio e la sua scomparsa nel nulla. Pensate agli scienziati del mondo 2-d di fronte all’indeterministica comparsa e scomparsa di oggetti, senza alcuna spiegazione o causalità. La loro difficoltà nell’immaginare un mondo 3-d sarebbe identica alla nostra nell’immaginarne uno 4-d.
E così come la comparsa di un oggetto 3-d apparirebbe 2-d in un mondo bidimensionale, l’attraversamento di un oggetto 4-d nel nostro mondo avrebbe l’aspetto di un oggetto 3-d. Spostando l’oggetto nella realtà quadridimensionale, noi lo vedremmo cambiare di dimensione e di forma nel nostro mondo. Un po’ come nelle opere cubiste spinte all’estremo di Braque, in cui si intuiscono i contorni di oggetti conosciuti, ma che sembrano comparire da un indefinito “altrove”. Il mondo è il nostro, ma è intersecato da forme ed enti che scaturiscono da altre realtà. È come se venissero raffigurati molti mondi in uno solo, mentre essi si compenetrano scomposti, caotici e quasi inquietanti. Esiste un videogioco che replica in maniera esatta, secondo leggi matematiche, questo tipo di interazioni tra il mondo 3-d ed oggetti 4-d [1]. Il gioco è a pagamento, ma se non altro si può guardare il video esplicativo, in cui ci si può fare un’idea molto precisa del fenomeno.
Ora, voi mi direte: ma nessuno sulla Terra ha mai visto oggetti tridimensionali apparire e scomparire nel nulla o cambiare forma senza alcuna ragione. Vero… più o meno. La fisica è piena di stranezze, misteri ancora incompresi e teorie tra loro in contraddizione. E se è vero che scienziati come il premio Nobel Roger Penrose sono scettici circa l’introduzione di nuove dimensioni nella descrizione del nostro universo, ce ne sono moltissimi che al contrario sono convinti che sia proprio questa la strada da percorrere. Una delle grandi sfide dalla fisica teorica contemporanea è l’unificazione delle due teorie più celebri del ‘900: la relatività generale di Einstein (lo so avevo promesso che lo avremmo trascurato) e la meccanica quantistica. Esse, per quanto incredibilmente precise nel predire molti dei fenomeni attorno a noi, dal movimento dei grandi corpi celesti fino a quello delle particelle elementari, sono incompatibili tra loro in alcuni aspetti. Uno dei tentativi di unificazione e sintesi di queste teorie è chiamato “teoria delle stringhe”. In realtà esistono diverse teorie delle stringhe, che si differenziano anche per il numero di dimensioni che associano all’universo: ci sono teorie 10-dimensionali, 11-dimensionali, 26-dimensionali, etc.
Io certamente non riesco a immaginare o a descrivere per voi mondi 10-d o 26-d. Ma già soltanto il sapere che ci sono scienziati che dedicano la loro carriera alla comprensione dell’incomprensibile, come cerchi e quadrati che si sforzino di venire a capo dell’esistenza di sfere e cubi, mi rende in qualche modo orgoglioso dell’umanità e del suo instancabile desiderio di conoscenza.