Un uomo con una scatola, due piastre e dell’olio può arrivare a toccare gli abissi dell’infinitamente piccolo, misurando ad occhio nudo qualcosa che difficilmente riusciamo anche solo a immaginare.
Non se capiti anche a voi, ma io spesso ripercorro col pensiero gli anni dell’università, ricordo i corsi, i professori, gli esami più difficili e le scene più comiche. Talvolta però qualcosa mi sfugge: il nome di un professore, il voto di un esame, la domanda di un orale. Credo però non dimenticherò mai quando aiutai a ripetere l’esperimento “della goccia d’olio”; esperimento con il quale Robert A. Millikan misurò agli inizi del ‘900 la carica elettrica dell’elettrone. All’epoca ero una matricola all’università e mi aggiravo per il dipartimento di fisica con il timore di chi non è sicuro di essere all’altezza del corso che ha scelto. Un giorno, mentre mi spostavo da un’aula all’altra, sono stato trascinato in un laboratorio da un amico più avanti di me negli studi. Lui ricordava che la mia passione per la fisica era nata da piccoli esperimenti (forse sarebbe più onesto dire giochi) di elettromagnetismo che mi dilettavo a fare in casa usando batterie, magneti e la polvere dei toner per stampanti. Così aveva pensato di includermi nel gruppo dei suoi colleghi, mentre erano intenti a replicare l’esperimento di Millikan. Così si può dire che esso rappresenti il primo vero esperimento di fisica a cui ho partecipato e il ricordo indelebile del giorno in cui ho toccato con mano la semplicità di un’idea geniale.
L’esperimento rappresenta una vera e propria conquista dell’intelletto umano sulla natura. Con esso Millikan e più in generale l’umanità è stata in grado di misurare la carica elettrica minima e fondamentale della natura, quella dell’elettrone – particella così piccola da essere tutt’ora considerata puntiforme. «Chi ha visto questo esperimento, e centinaia di ricercatori lo hanno osservato, ha visto letteralmente l’elettrone» dirà lo stesso Millikan durante la sua conferenza per la consegna del premio Nobel.
Ma la bellezza e la semplicità dell’esperimento non sono l’unica ragione per cui esso è così famoso. Vi è anche una controversia che getta ombra sull’integrità scientifica di Millikan durante le misurazioni. Leggendo tra gli appunti privati dello scienziato, infatti, si scopre come egli abbia potenzialmente condotto l’esperimento al fine di ottenere esattamente ciò che cercava.
Vi sono dunque due lati dell’esperimento: la sua indiscutibile bellezza e la condotta di colui che l’ha ideato che ancora oggi divide gli scienziati.
Iniziamo col capire in parole semplici come funziona l’esperimento. Immaginiamo di fronte a noi una scatola delle dimensioni di una casa delle bambole. Al suo interno però, invece delle varie stanze, ci sono due piastre orizzontali (una in alto, una in basso) collegate a un generatore di tensione, in modo tale che sia possibile generare un campo elettrico verticale. A lato della scatola, è presente un foro da cui si possono spruzzare delle gocce d’olio nebulizzato. Una sorgente di raggi-X viene adoperata per ionizzare le gocce d’olio, ovvero per fare in modo che esse abbiano una carica elettrica. Infine, sulla parete anteriore della scatola, si trova una piccola finestrella da cui possiamo vedere a occhio nudo ciò che accade al suo interno e in particolare il movimento delle gocce d’olio.
Ora iniziamo l’esperimento. Il campo elettrico è spento. Che cosa fa una goccia d’olio una volta entrata attraverso il foro a lato della scatola? Cade verso il basso, come qualsiasi altra cosa sulla Terra. E che succede se accendiamo il campo elettrico? Esso agirà sulla carica della goccia, spingendola verso l’alto e contrastando la sua caduta. È il principio di Newton: F=ma; la somma delle forze che agiscono su una particella ne determina l’accelerazione. E quali sono le forze che agiscono sulla singola goccia? La forza di gravità, che la spinge verso il basso; la forza generata dal campo elettrico, la quale dipende dalla carica della goccia stessa e che la spinge verso l’alto; infine la forza di resistenza dell’aria che anch’essa rallenta la caduta.
Millikan, cronometrando il tempo che impiegavano le gocce a cadere, accendendo e spegnendo il campo elettrico, fu in grado di misurare la carica elettrica delle singole gocce d’olio. Una volta misurate molte cariche elettriche di altrettante gocce, egli si rese conto che erano tutte multiple di una carica elementare. Questa carica elementare evidentemente doveva essere la carica più piccola in assoluto, la carica di un singolo elettrone.
Veniamo ora alla polemica circa la condotta di Millikan. Aprendo il suo diario sperimentale, in cui ogni scienziato tiene privatamente traccia del progresso della sua ricerca, si notano diverse scritte sospette. Oltre alle classiche annotazioni tipiche di ogni scienziato (temperatura del laboratorio, pressione, campi elettrici, etc.), ce ne sono altre del tipo “bello – pubblicare”, “migliore finora – pubblicare”, “quasi perfettamente esatto”, “molto basso – qualcosa è andato storto: non sicuro della distanza”. Ma che significa “quasi perfettamente esatto” o “molto basso” rispetto ad una quantità di cui non si conosce il valore? Sembrerebbe quasi, insomma, che egli scartasse i risultati che non gli andavano a genio e tenesse ciò che invece pareva andare nella sua direzione. Per essere un po’ più gentili verso uno scienziato indiscutibilmente geniale e vincitore di un premio Nobel, possiamo dire che egli cercasse molto scrupolosamente le possibili cause di una misura a suo giudizio sbagliata, mentre non si dava altrettanto affanno qualora ritenesse il valore di una misura corretto. Il che inevitabilmente introduceva un bias nelle sue osservazioni.
La critica sulla sua condotta è ancora aperta. Da una parte c’è chi davvero ritiene che ci fosse della malafede nel suo operato. Dall’altra c’è chi sostiene che i suoi appunti siano troppo parziali per dare un giudizio definitivo e può darsi che essi si riferiscano a uno studio preliminare al vero studio poi pubblicato. C’è poi chi sostiene che uno scienziato esperto è tenuto a giudicare l’andamento del suo esperimento ed è normale che scarti alcune misure; e che la forza della scienza sta proprio in questo: nella possibilità per tutti di replicare l’esperimento e verificarne la riproducibilità.
In ogni caso lo scopo di questo articolo non è certo porre fine alla discussione sull’esperimento di Millikan. Per oggi ci accontentiamo di venire a conoscenza della sua storia, di impararne la semplicità e la bellezza, di ricordare come un uomo con una scatola, due piastre e dell’olio può arrivare a toccare gli abissi dell’infinitamente piccolo, misurando ad occhio nudo qualcosa che difficilmente riusciamo anche solo a immaginare.