La verità si costruisce, è il risultato di tutto il processo dialettico che la precede, quello stesso processo che fa incontrare gli opposti e li eleva ad unità che li salvaguarda e li arricchisce.
La speranza di poter, in un articolo di pochissime pagine, esporre in modo corretto, raffinato e comprensibile il pensiero di G. W. F. Hegel oscilla sul filo del rasoio tra l’ottimismo sconsiderato e la follia. Non perché l’impresa sia impossibile, ma perché sopravanza di gran lunga le capacità di chi scrive. L’opera hegeliana è un vertice della storia filosofia occidentale, e questo non solo per la vastità dei temi che affronta, ma anche per la complessità dei passaggi logici e – ultimo ma essenziale carattere – l’eleganza formale del suo sistema concettuale. Tuttavia non è possibile sottrarsi a questa incombenza, e quindi ci imbarcheremo in quest’impresa tentando di riportare al meglio la nostra nave in porto.
L’ultimo articolo apparso su questa rivista [1] si concludeva rilevando come la dialettica, che storicamente si componeva di due momenti (affermativo e negativo) appare per la prima volta in forma tripartita. Questa dialettica triadica è il fondamento e la chiave di accesso per la comprensione del pensiero hegeliano. Il sistema si compone di tre sezioni principali: La Fenomenologia dello Spirito, La Scienza della Logica e La Filosofia dello Spirito (i primi due sono titoli di altrettanti testi di Hegel, pubblicati rispettivamente nel 1807 e nel 1812-16, mentre il terzo corrisponde alla terza parte dell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio, 1817); ma qual è l’essenza di questo sistema? Si potrebbe dire che si tratta sostanzialmente del cammino della Libertà che diventa autoconsapevole di sé – la stessa libertà che si era manifestata per Hegel nella Rivoluzione francese, da lui considerata la svolta essenziale della modernità. Questo cammino, però, non è lineare e pacifico, ma una continua successione di rotture e squilibri – contraddizioni – che debbono essere risolti nella conciliazione speculativa degli opposti. Per questo lo strumento più indicato per cogliere razionalmente la realtà nella sua totalità concreta è quella dialettica che si costituisce di tre momenti: l’affermazione, la negazione e la conciliazione speculativa dei due. Non potendo trattare interamente il sistema hegeliano, ci si limiterà alla semplice esposizione di tale dialettica.
Compito della Logica è quello di far comprendere razionalmente la realtà concreta, nella sua pienezza e totalità, ossia, nella terminologia hegeliana, l’Assoluto – il Tutto nella sua concreta realtà. Qui però sorge un problema: le categorie dell’Intelletto – quelle che si sono già incontrate nel pensiero di Kant – non possono pensare completamente l’Assoluto, perché esse appartengono ad una dimensione finita, e quando cercano di cogliere l’Assoluto divengono contraddittorie. Da questa impasse Hegel determina che la contraddizione è la verità dell’Assoluto, perché essa può aprirci dinanzi un mondo che sarebbe inaccessibile positivamente. Tuttavia non è possibile che l’Assoluto sia pura e semplice contraddizione, ma deve avere in sé anche un momento ‘risolutivo’: è qui che entra in campo la dialettica. Essa si compone di tre momenti, ciascuno dei quali ha caratteristiche peculiari ed ha valore soltanto in relazione agli altri.
I- Momento Astratto o Intellettuale
Il primo momento corrisponde all’agire dell’Intelletto, la facoltà che concepisce la determinatezza della cosa e del momento logico. Esso è l’organo della chiarezza e della distinzione, ed opera la determinazione mediante l’esclusione: ogni significato si determina come ciò che è e come ciò che non è ogni altra cosa (es. il colore bianco è il colore bianco, e non è ogni altra cosa). L’Intelletto coglie le differenze, e in lui ogni cosa può sussistere senza che debbano sussistere anche tutte le altre; è l’organo della finitezza ed ogni suo atto logico si manifesta come esclusione e negazione di tutto ciò che non è ciò che di volta in volta viene determinato. Tuttavia Hegel nota come questo tipo di determinazione possieda una certa eccedenza rispetto a se stessa; infatti per determinare qualcosa devo non solo affermarla, ma allo stesso tempo negare che alla sua determinazione partecipi ogni altra cosa diversa da quella. In questo modo, però, per ogni determinazione di qualcosa vengono evocate anche tutte le altre cose, almeno come ‘ciò che viene escluso e negato’. Riprendendo l’esempio di prima, poniamo che il colore bianco sia ‘A’; la determinazione di ‘A’ si compone di due momenti: ‘A’ è ‘A’ e ‘A’ non è non-‘A’. Per determinare ‘A’ devo evocare non-‘A’, ossia la sua negazione, e pertanto non è possibile che ‘A’ si dia in modo determinato se non si da anche non-‘A’.
II – Momento Dialettico
Il secondo momento corrisponde all’agire della Ragione dialettica, nel quale vengono annientate le determinazioni. Nel tentativo operato dall’Intelletto di separare qualcosa da ogni altra cosa viene meno la determinazione stessa, e la cosa che si voleva determinare ricade nell’indeterminatezza, ossia nella totalità astratta di tutte le cose. Poiché, riprendendo il nostro esempio, ‘A’ era ciò che si voleva determinare e non-‘A’ era l’insieme di tutte le altre cose indeterminate, l’agire escludente/negante dell’Intelletto impedisce ad ‘A’ di determinarsi e la fa cadere nell’indeterminatezza di non-‘A’, ossia la fa cadere nel suo opposto. Tutto il sistema hegeliano è la dimostrazione di questo processo. In questo senso la dialettica non è altro che l’incessante deduzione dell’opposto, ossia l’incessante apparire dell’opposto rispetto a ciò che si voleva determinare. In questo modo sembra sia impossibile costituire un qualche tipo di conoscenza razionale, perché ogni determinazione non fa altro che rovesciarsi nel suo opposto, e ciò che rimane non è altro che la pura contraddizione; in realtà non è affatto così. Il punto fondamentale da comprendere è che concretamente (fin qui abbiamo analizzato il problema astrattamente) la determinazione non si rovescia in un ‘opposto’ generico ed indeterminato, ma nel proprio opposto, ossia in quell’opposto specifico che compete a quella determinazione e a nessun’altra. Riprendendo il nostro esempio: il colore bianco non si rovescerà nel rosso, nel verde, nel blu etc., ma nel suo opposto, cioè il nero (infatti il bianco riflette la maggior parte dei fotoni, mentre il nero assorbe la maggior parte dei fotoni, perciò operano in maniera ‘opposta’). In termini specifici si suole dire che la negazione hegeliana è sempre determinata, cioè il negativo – l’opposto – di una determinazione è sempre qualcosa di determinato, il ‘negativo’ di quella e quella cosa soltanto. È proprio per la natura determinata della negazione che la dialettica ha sempre un risultato positivo, e quindi è possibile trovare la verità all’interno della contraddizione.
III – Momento Speculativo
Il terzo momento corrisponde all’agire della Ragione speculativa, la quale tiene ferma la contraddizione e la concepisce come qualcosa di affermativo, ossia unitario rispetto all’opposizione. A questo punto abbiamo l’opposizione contraddittoria tra due determinazioni (quella che si vuole affermare e la sua negazione determinata), le quali si rovesciano costantemente l’una nell’altra dando luogo ad una contraddizione che è per sua natura indeterminabile; o almeno questo era ciò che si pensava comunemente prima della filosofia hegeliana. Nel terzo momento avviene quella che Hegel chiama ‘Aufhebung’ (‘toglimento’) ossia il superamento della contraddizione mediante la sussunzione della determinazione e del suo opposto in una unità speculativa che mantiene in sé entrambi pur differendo da ciascuno di essi. In altre parole, la determinazione che l’Intelletto voleva affermare si scontra con il suo opposto, ma attraverso l’agire della Ragione speculativa riconosce in questo opposto se stessa, e ritorna a sé arricchita e trasformata: diversa dal sé di partenza, diversa dal suo opposto, ma custodendo in sé entrambi.
Si legga qualche parola di Hegel sulla dialettica:
Alcune note conclusive. Innanzitutto si deve notare come in Hegel l’agire della Ragione è ben diverso da quel ‘generare antinomie’ di cui parlava Kant; seppure in un certo senso qualcosa di simile vi sia, visto che la Ragione dialettica costituisce la contraddizione che poi viene risolta dalla Ragione speculativa. In secondo luogo è interessante notare la profondità e la bellezza del pensiero hegeliano, in particolare rispetto alla dialettica. Il risultato speculativo non è semplicemente ‘positivo’ ma è un significato accresciuto rispetto alla determinazione e al suo opposto; in altre parole Hegel ci dice che quando la determinazione incontra il suo opposto, se è abbastanza ragionevole da riconoscere sé stessa nell’altro, può dar vita a qualcosa di più ‘ricco’ e più ‘complesso’, un nuovo significato all’interno del quale la determinazione e il suo opposto sono entrambi custoditi e salvi, e concorrono a costituire qualcosa che è più di loro. Ancora, Hegel ci dice che la verità non è qualcosa di fisso, da sempre presente ed immutabile, che magari qualcuno può rivendicare come proprietà esclusiva; la verità si costruisce, è il risultato di tutto il processo dialettico che la precede, quello stesso processo che fa incontrare gli opposti e li eleva ad unità che li salvaguarda e li arricchisce. Ancora, Hegel compie il passaggio da una logica confutativa ad una logica rivelativa: non si procede negando ed eliminando le posizioni fino a che non ne rimane una sola, la quale è ritenuta per questo vera; la verità appare nel percorso dialettico, nel quale nulla va perso, nulla viene escluso, nulla viene cancellato ma tutto viene salvato, posto in relazione con tutto il resto – persino con il suo opposto –, per essere arricchito e valorizzato. Nulla è al di fuori del processo, e questo processo – che è l’Assoluto, la totalità delle contraddizioni, la totalità delle relazioni speculative – è eterno ed eternamente in movimento. Si tratta del cammino della verità e della Liberta al quale tutti noi – nessuno escluso – apparteniamo.
[1] https://lalivellamagazine.com/dal-criticismo-all-idealismo/
[2] Georg W. F. Hegel, Scienza della Logica, trad. di Arturo Moni, rev. della trad. e Nota Introduttiva di Claudio Cesa, Laterza, Roma-Bari, 2 voll., Prefazione alla prima edizione, vol. I, pp. 6-7.