Esperimenti mentali
con la gravità

Michele Diego
Scienza

 È questa la potenza dell’esperimento mentale: esso è in grado di idealizzare un fenomeno, rendendolo persino irrealistico, ma allo scopo di estrarne l’essenziale.

All’università mi capitava spesso di sentir nominare la distinzione tra due categorie di fisici: gli intuitivi e gli analitici. In questa suddivisione tranchant del mondo scientifico, gli appartenenti alla prima categoria comprenderebbero i concetti attraverso disegni, figure, analogie con altri sistemi fisici, mentre i secondi si farebbero guidare principalmente dai teoremi matematici e dalle dimostrazioni formali. Io appartenevo alla seconda categoria, tanto che ad un certo punto avevo deciso che tutto ciò che per essere spiegato aveva bisogno di un’immagine, non era degno di considerazione. Avevo anche scoperto, con una certa ammirazione, che vi era qualcuno ancor più intransigente che aveva tentato di pubblicare libri matematici senza alcuna parola di lingua parlata, ossia composti di soli simboli matematici ed equazioni.
Inutile dire come questo mio desiderio di rigore formale si sia frantumato rovinosamente con il passare degli anni. E oggi sono il primo ad affermare che un articolo scientifico abbia bisogno, in primis, di figure chiare da cui traspaia il messaggio dell’articolo. Ma oggi voglio tornare agli antichi splendori per questo articolo de La Livella, affrontando con voi, armati di sole parole, due esperimenti mentali che hanno a che fare con la gravità.
Ideatore del primo esperimento è nientemeno che sir Isaac Newton. Il suo scopo è far comprendere che orbitare attorno alla Terra (o a qualsiasi altro pianeta) significa in un certo senso cadere, ma troppo velocemente per toccare il suolo. Nel secondo esperimento mentale ci domanderemo che cosa accadrebbe se potessimo scavare un tunnel attraverso l’intera Terra (dal polo Nord al polo Sud ad esempio, oppure dalla Spagna alla Nuova Zelanda) e ci lanciassimo dentro.

Partiamo con l’esperimento di Newton, qui rivisitato in chiave moderna. Siamo su un monte molto alto, come l’Everest per dirne uno, senza ostacoli attorno a noi. Possiamo immaginare che il contesto sia una grande pianura al cui centro si innalza il monte su cui ci troviamo. Con una fionda lanciamo un pallino dritto davanti a noi. Che cosa succede al pallino? Mentre esso è in volo, la forza di gravità agisce sul suo centro di massa e devia la sua traiettoria verso il basso. In questo modo, dopo qualche decina di metri, esso finirà col cadere al suolo. Se aumentiamo la forza con cui tendiamo la fionda, la gittata del pallino aumenta anch’essa di conseguenza.
Fin qui nulla di stravagante. Che succederebbe però se iniziassimo a lanciare il pallino veramente distante, raggiungendo le decine o le centinaia di chilometri di gittata? Occorrerebbe cambiare la descrizione del sistema. La curvatura terrestre, infatti, inizierebbe ad avere importanza. L’immagine da visualizzare non sarebbe più quella di una grande pianura al cui centro è posizionato un monte, e in cui la forza di gravità trascina gli oggetti verso il basso. Diventerebbe invece quella di una sfera (la Terra), da cui spunta un monte sopra al quale ci siamo noi armati della nostra fionda. La gravità, in questa descrizione, non punta più verso il basso, bensì verso il centro della Terra. ‘Lanciare dritto’ ora significa che il pallino segue la curvatura terrestre. Continuando ad aumentare la forza con cui lanciamo il pallino, gli faremmo raggiungere distanze sempre maggiori, mandandolo in luoghi della Terra che non riusciamo a vedere. Prima o poi saremmo in grado di far cadere il pallino all’esatto antipodo del mondo. Continuando ancora, prima o poi esso ci colpirebbe alla nuca: avrebbe allora compiuto l’intero giro della Terra: saremmo riusciti a metterlo in orbita. Se riuscissimo a schivarlo, esso continuerebbe a orbitare attorno alla Terra, come un satellite a bassissima quota.
Questo esperimento mentale, per quanto oggi possa sembrare ovvio, contiene uno dei gangli fondamentali della teoria di Newton: l’unificazione tra la meccanica celeste e la gravità terrestre. La forza che tiene in orbita la Luna attorno alla Terra è la stessa che fa cadere gli oggetti al suolo. Esso è descritto all’interno dell’opera De mundi systemate, e rappresenta una tappa storica all’interno del pensiero di Newton, assai più attendibile della leggendaria mela che, cadendogli in testa, gli avrebbe procurato il suo famoso ‘Eureka’.

Il secondo esperimento mentale ha sempre a che fare con la gravità, ma questa volta, invece che orbitare attorno alla Terra, vogliamo passarci attraverso. Immaginiamo di scavare un tunnel da una parte all’altra del mondo. Una specie di pozzo lungo quanto il diametro terrestre, passante per il centro della Terra. Esso potrebbe estendersi dal polo Nord al polo Sud, oppure dalla Spagna alla Nuova Zelanda, o dal Brasile alle Filippine. L’Italia non è una grande scelta in tal senso, perché scavando il tunnel si finirebbe con lo sbucare nell’Oceano Pacifico.
Ad ogni modo, una volta scavato questo ipotetico tunnel, che cosa accadrebbe se ci si lanciasse dentro? La gravità tende a far cadere gli oggetti verso il centro della Terra, il che implica, chiaramente, che inizieremmo la nostra caduta verso il centro della Terra. Man mano che prosegue la nostra caduta, la nostra velocità aumenta, proprio come aumenta la velocità di qualsiasi oggetto in caduta verso il suolo. Occorrono circa venti minuti per raggiungere il centro della Terra. Qui, però, le cose cambiano. Nel preciso punto centrale, dal momento che esso rappresenta un punto di simmetria del mondo e c’è uguale massa terrestre in tutte le direzioni attorno a noi, la forza di gravità è azzerata. Su di noi, nell’istante esatto in cui ci troviamo nel centro del pianeta, non agiscono forze e quindi, per la famosa legge F=ma (forza uguale a massa per accelerazione), non agisce neanche un’accelerazione. Tuttavia, nonostante non ci sia accelerazione, la nostra velocità è la massima raggiungibile in questo sistema, perché abbiamo accumulato tutta la velocità di caduta fino a quel punto. Possedendo una velocità, quindi, continueremo la nostra avanzata, stavolta allontanandoci dal centro della Terra e iniziando a dirigerci verso l’uscita del tunnel opposta a quella da cui siamo entrati. In questo caso, però, man mano che proseguiamo nel tunnel, la nostra velocità diminuisce. Essendo attratti dal centro della Terra, man mano che ce ne allontaniamo iniziamo a rallentare, proprio come quando si lancia un oggetto verso l’alto e rallenta fino a fermarsi e iniziare la ridiscesa. La nostra velocità sarà nulla proprio quando saremo arrivati all’uscita del tunnel e rivedremo la crosta terrestre (o l’Oceano Pacifico, se ci siamo lanciati dall’Italia). A quel punto però che succede? La forza di gravità tornerà ad attrarci verso il centro, invertendo il moto e cominciando ad accelerarci verso il centro della Terra. Così facendo ripasseremo per il centro terrestre e ritorneremo all’entrata del tunnel, da dove siamo partiti. E avanti così, come uno yo-yo umano eternamente condannato a cadere in un tunnel da una parte all’altra del mondo.

Fortunatamente, nessuno può mettersi a lanciare con la fionda da un monte pallini che fanno il giro del mondo, né, tanto meno, scavare tunnel da una parte all’altra della Terra per poi lanciarci qualcuno dentro. Per di più, a voler essere pignoli, nei nostri due esperimenti mentali abbiamo considerato trascurabili alcuni effetti che modificherebbero sostanzialmente la descrizione che abbiamo fornito: la resistenza dell’aria, ad esempio, che frena il moto di oggetti in volo. Ma è normale e anzi fondamentale che sia così: per poter capire l’essenza di un fenomeno, gli scienziati devono essere in grado di eliminare quelle variabili che intervengono indirettamente e che possono sviare l’attenzione dal cuore del problema che si cerca di affrontare. È questa la potenza dell’esperimento mentale: esso è in grado di idealizzare un fenomeno, rendendolo persino irrealistico, ma allo scopo di estrarne l’essenziale. Oggi gli esperimenti mentali, in un certo senso, sono stati rimpiazzati dalle simulazioni al computer, in cui con un click si può eliminare la resistenza dell’aria, ma anche dimezzare il peso della Terra o aumentarlo di mille volte. Con questi tentativi del tutto ideali, siamo in grado di estraniarci dal mondo reale per entrare in un mondo in cui i contributi fisici di una dinamica complessa possono essere analizzati uno alla volta, permettendoci di capire uno per uno la loro reale importanza. È un tuffo in un mondo astratto, un mondo ‘matematico’ in un certo senso, ma non si tratta di un sogno irrazionale e fantastico: quando riemergiamo sappiamo qualcosa di più del mondo attorno a noi.

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