È nella meccanica quantistica che i numeri complessi trovano il loro maggior risalto, entrando direttamente ed esplicitamente nell’equazione di Schrödinger, che governa il comportamento di ogni sistema quantistico.
Il fisico americano Richard Feynman, uno dei giganti della fisica del ‘900, diceva che la scienza non è altro che immaginazione… in una camicia di forza. Armati del suo pensiero, non possiamo stupirci di fronte all’evoluzione storica della matematica, fatta sì di grandi svolte immaginifiche e sforzi di creatività, ma che si sono susseguiti nel corso di secoli, lasciando alla mente umana il tempo di maturare questi pensieri rivoluzionari. Le grandi scoperte, in matematica, corrispondono solitamente al dimostrare o inventare qualcosa che prima di allora appariva impossibile, impensabile e assurdo. Ma la serietà propria di questa disciplina implica che i tempi tra una rivoluzione e la sua successiva debbano essere maturi.
Questo andamento storico del pensiero matematico noi lo ripercorriamo accelerato durante il percorso scolastico – un po’ come quei feti di animali che, durante le settimane di gestazione, sembrano ripercorrere la storia evolutiva della loro specie. Fin da piccoli, infatti, abbiamo intuizione dell’esistenza dei numeri cosiddetti naturali (0, 1, 2, 3, …). Tutti noi riusciamo, fin da piccolissimi, a distinguere tra non avere nulla, avere una cosa o averne molte. Questi numeri naturali, per la loro struttura, possiamo immaginarli come dei punti equidistanti su una semiretta che parte da zero e prosegue all’infinito. La distanza tra due punti successivi è fissa ed è pari a 1, per cui per ogni numero “n” il suo successivo è “n+1”. Tra “n” e “n+1” non esistono altri numeri naturali.
Successivamente veniamo a scoprire l’esistenza dei numeri interi (…, -3, -2, -1, 0, 1, 2, 3, …), che includono, oltre ai numeri naturali, anche i numeri negativi, estendendo la semiretta sotto lo zero, verso un infinito negativo. In questo modo la semiretta è diventata una vera e propria retta che si estende da meno infinito a più infinito. La separazione tra i numeri, in ogni caso, rimane la stessa e ogni numero “n” ha sempre per successivo il numero “n+1”.
Ad ogni modo già l’esistenza dei numeri interi negativi può darci qualche grattacapo: cosa significa, per esempio, meno una mela? Eppure la nostra mente riesce a superare questo ostacolo, e non ci appare poi così bizzarro che una velocità negativa corrisponda ad un oggetto che si muove all’indietro, o che un’accelerazione negativa significhi un rallentamento, o ancora che il nostro conto in banca sia in negativo.
Il passo successivo corrisponde all’introduzione dei numeri razionali (3/4, 1/2, -8/3, …): se divido in sedici parti una torta, ogni fetta corrisponde a 1/16 della torta intera; i numeri razionali permettono di esprimere questo concetto. Se visualizziamo di nuovo la retta che contiene i nostri numeri, i numeri razionali vanno a occupare gli spazi vuoti tra i numeri interi. La cosa interessante è che, come abbiamo visto, i numeri interi giacciono sulla retta come punti equispaziati tra loro, per cui tra il numero “n” e il numero “n+1” non esiste alcun numero intero, mentre tra due numeri razionali ne esistono sempre infiniti altri. Tra 1/4 e 1/2, per esempio, esistono infiniti altri numeri razionali (ad esempio 1/3, 2/5 o 4/9 per citarne alcuni). In altre parole, a differenza di quanto avviene nei numeri naturali e interi, dato un numero razionale, non esiste il suo successivo.
L’ultimo passo che compiamo se completiamo con successo un percorso scolastico standard è dato dall’introduzione dei cosiddetti numeri reali. La nostra retta dei numeri, infatti, presenta ancora dei “buchi”. Sembra strano se pensiamo a ciò che abbiamo detto poco fa: presi due punti qualsiasi della retta su cui giacciono i numeri, esistono infiniti numeri razionali tra quei due punti. Detta così sembrerebbe che abbiamo completato l’intera retta, che non possano essere rimasti degli spazi vuoti, e invece no: numeri come √2 o π non possono essere scritti in forma di numeri razionali. Il che era un problema persino per gli antichi greci, dal momento che il teorema di Pitagora, applicato a un triangolo i cui cateti sono lunghi un metro, prevede una lunghezza di √2 metri per l’ipotenusa. I numeri reali, quindi, vanno a riempire anche quei buchi lasciati dai numeri razionali, completando quindi in maniera definitiva la retta dei numeri.
Ma chi continua nel suo percorso di studio della matematica scopre ben presto che le cose non finiscono qui. Esistono infatti altri numeri, con i quali apparentemente non abbiamo a che fare nella vita di tutti i giorni – tanto che le comuni calcolatrici non sono progettate per utilizzarli –, ma che in realtà ci permettono di spiegare una moltitudine di fenomeni naturali che ci circondano. Si chiamano numeri complessi, e sono stati inventati nel tentativo di risolvere equazioni prima irrisolvibili. In breve, così come l’introduzione dei numeri reali ha permesso di calcolare numeri fino ad allora inconoscibili (come ad esempio √2), i numeri complessi espandono ulteriormente i confini tracciati dai numeri reali, permettendo sostanzialmente di calcolare √-1, impossibile con i numeri reali.
Ma se abbiamo visto che la retta su cui giacciono i numeri è interamente ricoperta, senza buchi di sorta, dai numeri reali, dove trovano spazio i numeri complessi? Essi non giacciono su un’unica retta, come i numeri discussi finora, bensì su un piano, definito quindi da due rette. Ogni numero complesso è infatti definito da una coppia di numeri, uno dei quali è chiamato “reale” e l’altro “immaginario”. Il numero che permette di risolvere √-1 è chiamato “unità immaginaria” ed è indicato con la lettera “i”.
Al di là dell’astratto formalismo matematico, i numeri complessi trovano ampissime applicazioni nella comprensione matematica del mondo. In elettromagnetismo sono utilizzati per descrivere la propagazione delle onde elettromagnetiche (fondamentali quindi per studiare e sfruttare la luce nelle sue varie forme: radio, Wi-Fi, telecomunicazioni, telecomandi, cellulari, etc.), nonché per la comprensione e il controllo dei circuiti a corrente alternata (alla base di qualsiasi tecnologia che colleghiamo alla corrente).
Nello studio della dinamica dei corpi, i numeri complessi servono a riprodurre sia la meccanica ondulatoria, sia quei fenomeni non ideali, connessi all’esistenza di forze dissipative che impediscono il moto perpetuo; sono quindi fondamentali per una descrizione realistica e ideale del mondo. Ma è nella meccanica quantistica che i numeri complessi trovano il loro maggior risalto, entrando direttamente ed esplicitamente nell’equazione di Schrödinger, che governa il comportamento di ogni sistema quantistico. In questo articolo non abbiamo il tempo di entrare nei dettagli dell’equazione, ma possiamo almeno dire che da essa si ottengono le informazioni sull’andamento temporale del sistema quantistico in relazione all’energia da esso posseduta. Al primissimo termine dell’equazione compare per l’appunto la già nominata unità immaginaria i, mostrando esplicitamente che l’equazione si risolve nel campo complesso.
Dai numeri naturali ai numeri complessi, l’evoluzione della matematica ha permesso all’umanità la comprensione e la descrizione di fenomeni via via più distanti dall’intuizione della mente umana. Questo percorso ha visto un reciproco scambio tra la matematica e la fisica, tra ciò che viene scoperto in maniera puramente astratta da una mente puramente matematica e ciò che viene costruito sulla base della necessità di descrivere un fenomeno fisico. Quando il mondo sarà maturo abbastanza, un nuovo ramo della matematica verrà scoperto, aprendo le porte a una nuova comprensione del mondo.