Eppure, al centro di Milano, in un palazzo c’era un salotto, al cui interno una donna minuta contribuiva all’Unità d’Italia con la gentilezza
Quando pensiamo al Risorgimento immaginiamo un periodo di combattimenti, di guerre, di grandi ideali. Ricordiamo nomi di uomini importanti: Cavour, Mazzini, Garibaldi. Un pezzo di storia turbolenta, piena di sentimenti forti, di soluzioni drastiche. Eppure, al centro di Milano, in un palazzo c’era un salotto, al cui interno una donna minuta contribuiva all’Unità d’Italia con la gentilezza.
La Contessa Chiara Carrara-Spinelli Maffei, spesso ricordata come Clara, nasce nel 1814. A casa respira aria di poesia: suo padre, il conte Giovanni Battista Carrara-Spinelli, istitutore privato, si dilettava nel scriverla, e sua madre la battezza Chiara proprio in onore della nonna: Chiara Trinale, poetessa. Ma non sarà la poesia la grande passione di Chiara, bensì la politica, interesse che ereditò dalla madre. Ottavia Gambara veniva da una famiglia di repubblicani ed insegnò a Chiara l’importanza della libertà e dell’indipendenza. Le due erano molto legate e fu un grande dolore per Chiara quando si dovettero separare. Ottavia andò a vivere con il suo amante e Chiara venne mandata in collegio. Purtroppo poco dopo la madre morì. Ma non si deve pensare che Chiara le rimproverasse qualcosa. Il conte provvide alla sua istruzione e la mandò in una scuola per signorine della Milano bene. Chiara scrive di quella scuola che potevano giusto vantarsi di sapere di essere ignoranti. Ancora prima che finisca gli studi il padre le presenta un pretendente: Andrea Maffei. Poeta, gode di una certa fama non solo come artista ma anche come giocatore e scettico del matrimonio. Di bell’aspetto, romantico, si capisce il fascino che poteva esercitare su una giovane ragazza di 17 anni; un po’ meno chiara è l’attrattiva che esercita sul suocero. Chiara accetta con gioia la proposta e ben presto i due convolano a nozze. La loro felicità però è di breve durata e ben presto Maffei torna alle sue vecchie abitudini: al gioco, ai caffè. Non solo, trascura Chiara lasciandola viaggiare da sola, dimenticandosi di andarla a prendere dopo il teatro o di accompagnarla in società. Tutte trasgressioni particolarmente problematiche per la morale dell’epoca. Chiara ripone tutte le sue speranze nella gravidanza. Purtroppo la bambina, Ottavia come la madre di Clara, muore dopo pochi mesi, gettando i genitori nello sconforto più assoluto e segnando la definitiva fine della loro storia.
Chiara cade in depressione e Maffei, non volendo rinunciare alle sue serate, cerca un modo per distrarla. Inizia quindi ad invitare amici a casa. Anche il padre, preoccupato, cerca di circondarla dei migliori ingegni; ritiene infatti che la dotta conversazione sia la migliore panacea. E così si scopre che Chiara è nata per ricevere. In pochissimo tempo il salotto di casa Maffei diventa un centro d’intellettualità. Alessandro Manzoni, Tommaso Grossi, Massimo d’Azeglio, Carlo Cattaneo, Francesco Hayez, Balzac (che le dedica un racconto) Listz, Giuseppe Giusti, Tullio Dandolo, Marco Minghetti, Giuseppe Verdi sono solo alcuni dei nomi illustri che hanno chiacchierato e riso in quelle sale. Ma se il salotto di Chiara inizia come un luogo in cui discutere di arte, di poesia, ben presto prende una piega diversa, un’impronta patriottica. Il governo austriaco si fa sempre più opprimente e nel salotto si inizia a discutere e a pianificare l’Unità d’Italia. Raramente una critica delle serate organizzate da Chiara ci giunge e anche in quel caso, ancora più raramente la critica è rivolta alla padrona di casa. Tutti la ricordano con benevolenza e con affetto. Chiara ha un dono raro: saper condurre una conversazione senza esserne il fulcro, creando così un ambiente in cui anche le opinioni più contrastanti si possono discutere in maniera civile. Anche nella serata più affollata è capace di dare un senso di intimità alle conversazioni. Non è immune dal fascino dei geni e dei personaggi famosi; essi sono il fiore all’occhiello delle sue serate, ma non ha bisogno di sollecitarli e son spesso loro a giungere al salotto e a decidere di tornare, trovandolo così accogliente. Chiara ha un criterio molto personale nella selezione delle persone da invitare nel suo salotto: non coltivando pregiudizi di nessun genere non esita a sfidare le convenzioni sociali. Accoglie tranquillamente Listz e la contessa d’Agoult, evidentemente incinta, e una delle sue più care amiche fu Giulietta Pezzi che ebbe un bambino fuori dal vincolo matrimoniale che Chiara tenne a battesimo. Gli unici che non vuole vedere sono gli austriaci, non importa quanto siano talentuosi. Balzac, estremamente affascinato, afferma che avrebbe dato 10 anni della sua vita per essere amato da lei 3 mesi e ricorda come i suoi occhi si illuminassero quando una discussione la appassionava. Visconti-Venosta la descrive come una donna esile, elegante e di maniere distinte, parlava bene e si affezionava così tanto ai suoi amici e alle sue amiche, così profondamente e imparzialmente da far loro dire che avesse una spiccata predilezione… beh, per tutti.
Il matrimonio con Andrea Maffei entra sempre più in crisi: lui dedica tutto il suo tempo al gioco e alle ballerine, e Clara non sopporta più la situazione. Decide quindi di separarsene. È un atto d’indipendenza, di libertà. Una decisione molto coraggiosa per l’epoca che nonostante la sua popolarità non le risparmierà pettegolezzi e maldicenze che la seguiranno per tutta la vita. È il suo amico Tommaso Grossi ad occuparsi della parte notarile e Verdi, suo carissimo amico, fa da mediatore tra lei e il marito. Dopo la separazione si ritira in campagna, ma viene malaccolta per via della separazione. Torna quindi a Milano, nel suo salotto, a fare quello che le viene riesce meglio. Il suo salotto diventa sempre più politico, e a contribuire a questa svolta è Carlo Tenca. Carlo Tenca veniva da una famiglia umile che aveva fatto grossi sacrifici per farlo studiare, lavorava come istruttore e come critico letterario. Fu introdotto nel salotto di Clara il 13 marzo del 1844, proprio il giorno del suo compleanno. Tra loro nacque un amore che durò, tra alti e bassi, attraverso la distanza, per tutta una vita. Consci della rilevanza storica del loro carteggio, lasciarono disposizioni affinché le lettere che contenevano i dettagli più personali del loro amore venissero distrutte.
Nel mentre le tensioni tra il governo austriaco e i milanesi aumentano, sempre più azioni di protesta si trasformano in violenza. Molte dame scapparono da Milano, ma Chiara rimase, sfidando le autorità austriache, e anzi ricevendo tutte le sere. Durante le cinque giornate di Milano, era proprio da lei che tutte le sere si riunivano i membri del governo provvisorio per discutere il da farsi. Come altre dame rimaste in città, si occupava di curare i feriti e sfamarli. Quando l’Austria riconquista Milano la contessa lascia la città, non tanto perché si sentisse in pericolo, quanto per seguire Tenca e i due si dirigono a Locarno. Qui conosce Mazzini, ma dopo averne tanto ammirato la dottrina ne rimane delusa e l’antipatia è reciproca. Al ritorno da Locarno, Chiara si trasferisce in una casa adiacente a quella di Tenca. Ripristina il suo salotto, ed è proprio lì che nasce Il Crepuscolo, un giornale politico diretto da Tenca. Per aggirare la censura si discute della politica mondiale ma mai dell’Austria e dell’Italia. Il silenzio diceva più di mille parole ed ebbe una risonanza clamorosa. In questo periodo la discussione nel salotto è influenzata anche dalla corrispondenza con Cavour e dagli sforzi fatti per incentivare l’emigrazione e il conseguente arruolamento nelle truppe sabaude. Si preannuncia la seconda guerra di indipendenza.
Il 31 dicembre 1859 fu uno dei ricevimenti più memorabili della storia del salotto: tutti vi si assiepavano per fare gli auguri a Chiara in onore del primo anno della redenzione italiana. Tenca diventa parlamentare ed è costretto a trasferirsi a Torino. Carlo e Chiara si scriveranno quasi tutti i giorni per vent’anni. Durante questi anni Carlo Tenca fa il parlamentare e segue lo sviluppo della nazione mentre lei continua a ricevere; il suo salotto è un punto di riferimento indiscusso a Milano. Nelle loro lettere si può osservare l’evoluzione di un paese e la disillusione di una generazione di giovani rivoluzionari che si trovano a fare i conti con la burocrazia e gli intrighi della politica. Soltanto in vecchiaia si ritroveranno a convivere stabilmente e purtroppo la malattia di Tenca renderà i loro ultimi anni insieme piuttosto penosi. Coll’andare degli anni anche Chiara si ritira e riceve solo pochi intimi. Fino a che non muore di meningite nel 1886.
In un’epoca così tumultuosa Chiara ha contribuito in maniera così delicata eppure fondamentale. Le sue serate, lo spazio di conversazione, la rete di amici in tutta Italia con i quali ha preparato il terreno. Suggerendo modestamente un’idea, cambiando una parola, smussando una decisione troppo cruda, incoraggiando, sorridendo, ascoltando le conversazioni, è così che Clara Maffei ha fatto l’Italia, con cortesia.
[1] Daniela Pizzagalli, “L’amica: Clara Maffei e il suo salotto nel Risorgimento italiano”, Mondadori (1997)
[2] Gemma Giovannini Magonio, “italiane Benemerite del Risorgimento Nazionale”, L.F. Cogliati (1907)