La poesia si scompone, si ripete, si ricrea mantenendo immutati i suoi ingredienti: le parole. Essa è partecipe dell’evoluzione del pensiero umano, della cultura, dell’interpretazione del reale; non è morta ne morente ma languisce tra noi aspettando chi possa giacere con lei per darle nuova forma, per darle nuova voce.
Nel 1934 essa trovò Dylan Marlais Thomas nella forma di 18 poems.
One: I am a Welshman; two: I am a drunkard; three: I am a lover of the human race, especially of women. Così il poeta gallese descriveva se stesso.
Nacque nel 1914 a Swansea, abbandonò la scuola a sedici anni per dedicarsi alla scrittura, da giovanissimo rivoluzionò l’ambiente culturale inglese creando un’alternativa alla poesia intellettuale di Wystan Hugh Auden e Thomas Stearns Eliot, più emozionale e visionaria.
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
Benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Una mia poesia ha bisogno di una schiera di immagini… Io creo un’immagine – sebbene “creo” non sia la parola giusta; lascio, forse, che un’immagine “si crei” in me emozionalmente, e poi vi applico quel tanto di potere intellettuale e critico che posseggo – lascio che ne generi un’altra, lascio che questa nuova immagine contraddica la prima, faccio, della terza immagine, generata dalla contraddizione delle altre due, una quarta immagine contraddittoria, e le lascio tutte, nei limiti formali che mi sono imposto, cozzare insieme. Ciascuna immagine contiene in sé il germe della propria distruzione, e il mio metodo dialettico, così come io lo intendo, è un costante ergersi e crollare delle immagini che si sprigionano dal germe centrale, che è esso stesso distruttivo e costruttivo allo stesso tempo… Dall’inevitabile conflitto delle immagini cerco di concludere quella pace momentanea che è la poesia.[1]
Dylan Thomas morì a New York all’età di trentanove anni – consumato dalla poesia e dall’alcool – dopo cinque giorni di stato comatoso. Sua moglie volò dal Regno Unito e arrivata in ospedale chiese: Is the bloody man dead yet? Si ripresentò dopo qualche ora, ubriaca ed incontrollabile; le fu imposta una camicia di forza e venne internata in una clinica psichiatrica.
La storia d’amore tra il poeta gallese e Caitlin (Macnamara) Thomas fu una storia d’alcool, tradimenti, passione: raw, red bleeding meat, così Caitlin la descrisse.
Nonostante la sua breve vita Dylan Thomas fu prolifico e le sue poesie sono divenute famose anche nella cultura di massa.
I temi trattati dal poeta sono ricorrenti: la natura, la religione, la ciclicità della vita e della morte eppure sarebbe una banale semplificazione definire Dylan Thomas solamente in base ad essi; in effetti, questi temi trascendono il banale significato e tra le parole del poeta assumono nuove forme che portano a strade mai intraprese prima.
Dylan Thomas è un poeta fonico, le sue poesie sono ritmiche, egli si avvale di ripetitività, di un intelligente accostamento di vocali e consonanti largamente sottolineato da elementi calligrafici. Le sue letture sono leggendarie, le poesie vivono nuovamente attraverso la sua voce vibrante, non si concludono nello scritto ma rinascono nell’orale. Egli intraprese vari ‘tour’, negli Stati Uniti, di lettura delle sue poesie e fu spesso ubriaco, creando scompiglio tra il pubblico. I suoi accompagnatori si aspettavano che crollasse sul palco ma la poesia gli ridava forza nonostante: “il demone alcol da qualche tempo [fosse] divenuto un amico un po’ troppo opprimente e un po’ troppo intimo”.
La religione in molte poesie è ricorrente, Dylan Thomas fu un puritano, credeva nella predestinazione e nella salvezza dell’essere umano (promessa da Dio ad Abramo) purché rispettasse le regole bibliche. Nella sue poesie ricorrono le figure dell’Antico e Nuovo Testamento ed è con l’Apocalisse che la sua visione religiosa giunge a compimento, con la figura di Abaddòn, che nell’Antico Testamento rappresentava l’abisso (dall’ebraico luogo di distruzione) mentre nel Nuovo Testamento rappresenta un angelo, ‘il distruttore’ in greco, ‘lo sterminatore’ in latino.
Nella poesia Before I Knocked il poeta parla della nascita, fisica e spirituale. Il tempo è la chiave fisica: il feto matura, inesorabilmente, sino alla nascita che diviene sconfitta: l’essere umano è annientato, la sua è una flebile esistenza a cui attenderlo c’è solo la morte. La passio è la chiave spirituale: il destino è già predeterminato, il feto ne affronta le fasi fino all’uscita dall’utero materno, la crocifissione; poi rimane solo la morte.
Prima che io bussassi ed entrasse la carne, Io ch’ero sordo a primavera e estate, Conobbi il messaggio dell’inverno, | Ancora ingenerato, subii il martirio; La mia gola ebbe sete prima della struttura E il tempo sospinse alla deriva
| Nato di carne e spirito, non ero O voi che v’inchinate alla croce e all’altare,
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Nella sua poesia più famosa And death shall have no dominion il poeta riprende l’epistola di San Paolo ai Romani (6.9), in inglese Death hath no more dominion: la morte non riesce a sconfiggere la vita, perché non fa parte del Regno. A differenza della poesia Death, be not proud di John Donne, Dylan Thomas non si preoccupa dell’aspetto fisico. La morte non può sconfiggere l’essere umano perché nonostante il suo corpo non sia più esso sarà unito con i suoi simili, nonostante la perdita della natura la morte non avrà dominio.
E la morte non avrà più dominio.
| E la morte non avrà più dominio.
| E la morte non avrà più dominio.
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Tuttavia, sicuramente, è Especially when the October wind la poesia che più rappresenta l’idea poetica dell’autore: la sonorità, l’accostamento di immagini, il Galles, gli elementi calligrafici.
Specialmente se il vento d’ottobre Rinchiuso in una torre di parole, | Dietro un vaso di felci la pendola oscilla | Specialmente se il vento d’ottobre |
Ai temi naturali iniziali viene sovrapposto un elemento simbolico-figurativo discordante: il granchio che assume la forma del sole che, artigliato dalle nubi, proietta, attraversando il corpo dell’autore, un ombra di granchio che artiglia la preda.
Gli elementi calligrafici sono numerosi: il sangue è sillabico, la torre è di parole, gli alberi sono verbali; oltre a questi ed altri esempi naturali-calligrafici il poeta aggiunge: “mi dice il verbo dell’ora”: anche il tempo è verbale, ha un suo suono.
La poesia è la rappresentazione di determinati suoni mediante dei segni ma Dylan Thomas va concettualmente oltre, unisce e scompone suoni e segni dando vita ad accostamenti pregni di significati: naturali, simbolici, artistici e calligrafici.
Dylan Thomas, durante uno dei suoi viaggi in America, conobbe Igor’ Fëdorovič Stravinskij; l’illustre compositore, che ammirava il lavoro poetico del gallese, commissionò al poeta un libretto per un’opera lirica, ma Dylan Thomas morì prima di iniziare il lavoro. Stravinskij decise di rendere omaggio all’amato poeta con un canto funebre In memoriam Dylan Thomas, musicando Do not go gentle into that good night, poesia scritta dal poeta per il padre morente, poesia che rinacque sotto nuova forma completando il circolo poetico dell’autore.
Non andartene docile in quella buona notte, Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta | I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono, | Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi, |