La Russia, d’altra parte, non ha mai apertamente rifiutato di intraprendere questa strada, ed anzi ha ‘preso in prestito’ programmaticamente certi valori e tecnologie: Dugin definisce questo fenomeno «modernizzazione esogena».
«Duro fuori ma tenero dentro» era il motto del partito nazional-bolscevico (NBP), fondato da Eduard Limonov e Alexander Dugin all’inizio del maggio 1993 in Russia. La sua esistenza non è mai stata legalizzata, ed anzi la sua richiesta in questo senso è stata più volte respinta. Addirittura, nel 2007, l’NBP è stato dichiarato un’organizzazione estremista ed un tribunale ha emanato il divieto di prosecuzione delle sue attività sul territorio della federazione Russa in accordo con la legge “Per la lotta contro l’attività estremista”.
Il governo nazional-bolscevico aveva tra i suoi obiettivi quello di sostenere la giustizia sociale, instaurare il dominio imperiale nell’arena globale, e garantire le libertà civili e politiche all’interno della Russia. Questa era l’agenda dietro il motto ‒ ‘dura’ nei confronti dei nemici esterni e ‘tenera’ per i propri cittadini.
Poco dopo essersi dimesso dall’NBP, nel 1998, Dugin si è unito al Movimento Internazionale dell’Eurasia in Russia. L’ex leader dell’organizzazione estremista NBP è ora l’attuale capo del centro KATECHON (ὁ κατέχω gr. “colui che trattiene”: nella Bibbia un agente storico agli ordini di Dio che temperando l’entusiasmo escatologico ristabilisce l’ordine in mezzo alla crisi e al caos), [1] organizzazione che raccoglie importanti pensatori contemporanei, attivisti sociali e politici, storici, filosofi ed economisti che sono, come essi stessi affermano, forti sostenitori della svolta conservatrice e del rinascimento imperiale della Russia. [2] Questo nome è stato scelto ovviamente per una ragione: la ricostruzione del cristianesimo ortodosso si trova al cuore della teoria dell’Eurasion. Alla Chiesa cristiana ortodossa russa sarà dato un ruolo centrale nella battaglia finale tra il male demoniaco (il liberalismo con la sua dipendenza dal capitalismo) e l’ultimo baluardo di Dio (l’Impero Russo-Eurasiatico).
Secondo Dugin non c’è posto per la Russia nell’arena globale, almeno non nella forma in cui la conosciamo oggi. Mentre il mondo del ‘capitale’ si sta divorando da solo con una progressione geometrica, Dugin cerca di recuperare il sistema di governo dell’ex impero russo per la Russia di oggi. Nel suo libro del 2017 La quarta teoria politica [3] il pensatore insiste sul ripristino del cristianesimo ortodosso a livello governativo nella forma della «sinfonia dei poteri».
Definendo gli aderenti all’eurasiatismo «conservatori», Dugin enuncia una visione del tempo non nella forma della linearità ma piuttosto come permanenza, e oppone al modello sincronico della storia quello diacronico. Sostiene infatti che il tempo è permanente, e nega così il progresso in quanto tale; ritiene inoltre che i conservatori non debbano guardare al passato ma piuttosto all’eterno (spirito) che brilla nell’essere umano. Il conservatorismo russo si basa sul cristianesimo ortodosso, il quale ha una forte componente escatologica e vede l’eternità come il vero obiettivo cui ogni credente deve tendere. Nel Cristianesimo l’essere umano è considerato come un uomo nuovo, il cui intero essere è illuminato dalla luce eterna dell’Incarnazione, Risurrezione e Ascensione di Dio.
Da questo ordine di considerazioni deriva l’idea della Russia come stato imperiale e civiltà-mondo indipendente che Dugin propone. Come lui stesso dice, un conservatore non prende mai le parti del «piccolo uomo», ma quelle del «grande uomo» (homo maximum); inoltre bisogna avere a cuore il ‘grande’ e l’‘alto’ in ogni aspetto della propria esistenza. Lo stesso vale per la dimensione politica: i conservatori mirano a cose grandi, eterne, infinite e magnifiche, cioè l’impero. Quest’ultimo è visto come la forma più elevata di società, massima grandezza possibile dello stato. Così, l’impero è la forma statale propria della Russia, che contraddice radicalmente il concetto di governo globale (aspirazione degli USA). Di conseguenza, la Russia imperiale dovrebbe porsi contro l’occidentalizzazione e la modernizzazione intese come forme di quell’ideologia che è diffusa dall’Unione Europea e dagli USA. Dugin si considera un oppositore radicale del liberalismo sia presente che passato. Allo stesso tempo prende posizione contro il comunismo e il fascismo in quanto essi sono alternative politiche incapaci di resistere o prendere il sopravvento sul liberalismo.
Il modernismo e il postmodernismo sono una pietra d’inciampo che si cerca di superare con la teoria dell’Eurasion. Modernizzazione e occidentalizzazione, secondo Dugin, sono sinonimi. La considerazione storica è la seguente: poiché fin dai secoli XVII-XVIII il termine “occidente” era associato alla ‘modernizzazione’, al ‘progresso’ e allo sviluppo sociale, industriale, economico e tecnologico, tutto il mondo doveva seguire e adottare il cammino dell’Occidente. In altre parole, questo corso degli eventi era definito come il migliore e quindi valido universalmente per tutti gli altri paesi e nazioni. La Russia, d’altra parte, non ha mai apertamente rifiutato di intraprendere questa strada, ed anzi ha ‘preso in prestito’ programmaticamente certi valori e tecnologie: Dugin definisce questo fenomeno «modernizzazione esogena». Integrando i valori della civiltà occidentale, la Russia li ha combinati con quelli propri originali e tradizionali. A suo parere la Cina, l’India, il Brasile, il Giappone e alcuni paesi islamici hanno intrapreso la stessa strada. La previsione della futura estensione dell’Occidente e della «fine della storia» (sostituzione della politica con l’economia e trasformazione del pianeta in un mercato omogeneo secondo Francis Fukyama) consente a Dugin di presentare ‒ in opposizione ‒ la Russia come una civiltà unica, con le sue gloriose basi tradizionali e culturali: si tratta della cosiddetta «civiltà slavo-ottomana». In questo caso la Russia deve essere messa a confronto non con un singolo paese europeo, ma con tutta l’Europa, con il mondo islamico, con le civiltà indiana e cinese. Da questo punto di vista la Russia-Eurasia è considerata come avente un’altra natura propria sia rispetto all’Occidente che all’Oriente, perché non è un miscuglio dei due ma piuttosto qualcosa di radicalmente diverso ed estremamente distinto. È uno stato-civiltà in sé e si differenzia, nei suoi valori, da tutte le altre civiltà. Il neo-eurasianesimo ritiene che la verità della storia russa si manifesti nel sostenere la sua alterità e nel difendere i suoi valori morali, religiosi e culturali. L’idea imperiale di Genghis Khan e la statalità centralizzata delle orde mongole sono considerate eventi passati molto influenti sull’assetto politico e sociale della Russia-Eurasia odierna.
Dopo la caduta dell’URSS, negli anni ’90 la Russia ha cercato di seguire il cammino della modernizzazione e ha copiato ciecamente l’Occidente, seppure solo in ambiti parziali. Si stava gradualmente trasformando in «una colonia con un impianto di postmodernismo esogeno e frammentario, perdendo insensibilmente la sua sovranità». Il governo russo post-sovietico si è costruito intorno al CFR che oggi, con la Trilaterale, è considerato l’embrione dello «Stato mondiale». Un ampio gruppo degli appartenenti all’élite russa faceva parte di queste organizzazioni. Secondo Dugin, Vladimir Putin, attuale presidente della Russia, è stato fra coloro che hanno cercato di resistere all’Occidente, seppure in modo molto prudente, rivendicando l’essere un paese europeo da parte della Russia ed integrando alcuni elementi di modernizzazione. Ma in realtà, ricorrendo all'”occidentalizzazione”, la Russia ha intrapreso un percorso di difesa e di confronto effettivo con l’Occidente.
Non c’è e non c’è mai stato spazio per l’Occidente nella teoria dell’Eurasia. Eppure gli zar russi del periodo moscovita consideravano l’Occidente come «il male, come antitesi hegeliana, come qualcosa che sarebbe stato eliminato in una prospettiva di lungo periodo». La civiltà russa ortodosso-slava dell’eurasia dovrebbe ingaggiare l’ultima e decisiva battaglia contro la civiltà occidentale. Le principali considerazioni anti-occidentali sulle quali si basa questa strategia sono: l’esperienza storica della civiltà europea non è universale, il corso europeo non è il corso arterioso dello sviluppo dell’umanità, l’intera struttura del modernismo deve essere messa in discussione e l’illuminismo deve essere rifiutato.
La Russia-Eurasia come civiltà deve abbandonare il corso dell’occidentalizzazione con il suo materialismo, ateismo e utilitarismo a favore dell’elaborazione di una nuova ideologia nazionale basata sulla logica interna della Russia, quella dettata dalla sua religione (cristianesimo ortodosso), missione storica e cultura originale.
Vengono poi elencate una sequenza di azioni pratiche: stabilire solide relazioni con i paesi che si oppongono alla politica occidentale e alla globalizzazione, al modernismo e al postmodernismo; dividere l’Occidente consolidando i legami con l’Europa continentale e il crollo degli USA; creare un filtro che permetta una selezione sommaria dei «doni della globalizzazione» ‒ come valori, patrimonio culturale, tecnologia ‒ e accetti solo quelli che non mettano in pericolo l’integrità della Russia.
Dugin vede solo due possibili scenari per il futuro della Russia: o l’eurasianesimo diventerà l’unico punto di vista dell’élite russa o la Russia si arrenderà all’Occidente e ne verrà occupata. Inoltre ritiene che vi siano altri potenziali «grandi spazi» (usando la teoria dei ‘grandi spazi’ di Karl Schmidt) e altre nazioni che sono interessate alla “resurrezione” dell’eurasianesimo russo. Il neo-eurasianesimo contrappone “grandi spazi” e universalismo, “imperi” e l’imperialismo, “diritti di nazione” e diritti di una sola nazione. Per questo è importante mantenere i contatti con il mondo islamico, l’Europa continentale, la Cina, l’America Latina, l’Asia e l’Africa.
Per superare i confini del mondo multipolare, la Russia deve ricreare la sua influenza nello spazio dell’ex Unione Sovietica e integrare i paesi della CSI. E allo stesso tempo deve formare un fronte unito per tutti coloro che hanno un’alternativa all’imperialismo americano.
[3] Alexander Gelʹevič Dugin, La quarta teoria politica, Aspis, milano 2019