Una lunga pausa durante la quale i sentimenti si esprimono senza tradursi in parole.
PERSONAGGI:
Marc
Serge
Yvan
Il salotto di un appartamento.
Sempre la stessa scenografia. Quanto più spoglia e neutra possibile.
Le scene si svolgono di volta in volta a casa di Serge, Yvan e Marc.
Non cambia niente, tranne il dipinto appeso alla parete.
Marc, da solo.
MARC:
Il mio amico Serge ha comprato un quadro.
Una grande tela di circa un metro e sessanta per uno e venti circa, dipinta di bianco. Il fondo è bianco, e strizzando un pochino gli occhi si possono intravedere delle sottili filettature diagonali, bianche.
Il mio amico Serge è mio amico da molto tempo.
Lui è uno che ha fatto strada, è dermatologo e ama l’arte. Lunedì sono andato a vedere il quadro che Serge aveva acquistato sabato scorso, ma su cui aveva messo gli occhi già da mesi.
Un quadro bianco, con delle filettature bianche.
Casa di Serge.
Appoggiata a terra, una tela bianca, con delle sottili filettature diagonali bianche. Serge guarda, compiaciuto, il proprio quadro.
Marc osserva il quadro.
Serge guarda Marc che guarda il quadro.
Una lunga pausa durante la quale i sentimenti si esprimono senza tradursi in parole.
MARC: Caro?
SERGE: Duecentomila.
MARC: Duecentomila?…
SERGE: Handington me lo riprende a due e venti.
MARC: Chi?
SERGE: Handington?!
MARC: Non so chi sia.
SERGE: Handigton! La galleria Handington!
MARC: E la galleria Handington te lo riprende a due e venti?
SERGE: No, non la galleria. Lui. Handington in persona. Per sé.
MARC: E perché non se l’è comprato Handington?
SERGE: Perché quelli preferiscono vendere ai privati. Bisogna che il mercato giri.
MARC: Ah…
SERGE:Allora?
MARC: …
SERGE: Non metterti là. Guardalo di qui. Le vedi, le linee?
MARC: E come si chiama il…
SERGE: Pittore. Antrios.
MARC: Famoso?
SERGE: molto. Molto!
Una pausa.
MARC: Serge, non puoi aver pagato questo quadro duecentomila franchi.
SERGE: Ma, caro mio, li vale tutti. E’ un ANTRIOS!
MARC: Non puoi aver pagato questo quadro duecentomila franchi.
SERGE: Lo sapevo che non l’avresti capito.
MARC: Hai pagato questa merda duecentomila franchi!
Serge, tra sé.
SERGE: Il mio amico Marc, è un uomo intelligente, uomo che stimo da molto tempo, ottima posizione, ingegnere aereonautico, è uno di quegli intellettuali d’oggi che, non contenti di esser nemici della modernità, ne vanno addirittura fieri. Da alcuni anni a questa parte i nostalgici dei bei tempi andati sono di un’arroganza davvero strabiliante.
Stesse persone.
Stesso posto.
Stesso quadro.
SERGE: (Dopo una pausa) … Come puoi dire “questa merda”?
MARC: Serge… un po’ di senso dell’umorismo! Ridi! … Ridi, dai, è inconcepibile che tu abbia comprato questo quadro!
Marc ride.
Serge non fa una piega.
SERGE: Che tu trovi inconcepibile il mio acquisto, passi, che ti faccia ridere, pure, ma vorrei sapere cosa intendi con ”questa merda’.
MARC: Mi prendi per il culo!
SERGE: Neanche per sogno. “Questa merda” rispetto a cosa? Se uno dice che una cosa è una merda, vuol dire che ha un criterio di valutazione per giudicare questa cosa.
MARC: Ma con chi stai parlando? Con chi stai parlando in questo momento? Uh Uh!
SERGE: La pittura contemporanea non ti interessa, non ti ha mai interessato. E’ un campo che non conosci affatto, quindi come pupi sostenere che un oggetto, che obbedisce a leggi che tu ignori, è una merda?
MARC: E’ una merda. Scusa, ma è così.
Serge, da solo.
SERGE: Il quadro non gli piace.
E va bene!
Nessuna affettuosità nel suo atteggiamento.
Nessuno sforzo.
Nessuna affettuosità nel suo modo di condannare.
Una risata proterva, perfida.
Un risata che sa tutto meglio di tutti.
Ho odiato quella risata.
[1] ARTE, Yasmina Reza, Piccola biblioteca Adephi